La Disputa Ciclica (1970-1985) < = > Lucio Saffaro

Lucio Saffaro nel Portico di San Luca, Bologna 1975 (Foto di Nino Migliori)

Lucio Saffaro (Trieste, 26 luglio 1929 – Bologna, 28 novembre 1998) è stato uno scrittore e pittore italiano. Appassionato di matematica, coniugò ricerca matematica e pittura. Studiò i solidi (soprattutto gli icosaedri esistenti in natura) e li rappresentò anche dipingendoli nei suoi quadri. La sua opera letteraria non è ancora stata indagata come si deve, ma ci troviamo di fronte a un caso di unicità assoluta nella nostra letteratura.

 

Di Lucio Saffaro [dia•foria si è occupata per la prima volta nel 2013 (vedi qui), quando la collana  f l o e m a – esplorazioni della parola era appena nata ed esisteva soltanto come osservatorio in rete.
Dopo dieci anni riusciamo a dare conto, in forma di libro, di un frammento dell’ampia opera letteraria di questo eclettico artista, ancora tutta da scoprire e da affrontare dal punto di vista critico.



 

LUCIO SAFFARO

LA DISPUTA CICLICA

Volume di 172 pagg., cm 25×21
a cura di Gisella Vismara e Daniele Poletti
Testi critici di Gisella Vismara e Dario Giugliano
euro 24.00
per acquistare il libro
scrivete a: info@diaforia.org

 

La Disputa Ciclica è un libro esemplato numerologicamente sulla Commedia dantesca, in cui compaiono tutte le caratteristiche poematiche e stilistiche della ricerca saffariana, dall’allegoria, al misticismo matematico, passando per la risemantizzazione di concetti e gerghi filosofici con andamento parabolico e gnomico, ma sempre nella prospettiva di uno smarrimento che non risponde al canone tradizionale.
Per la prima volta La Disputa Ciclica viene restituita al lettore nella sua interezza, infatti Saffaro ne pubblicò solo le prime sei Cantiche per le proprie Edizioni di Paradoxos (dal 1970 al 1976), ma continuò a lavorarci fino al 1985. La presente edizione, per quanto riguarda le prime sei Cantiche, è il frutto di un accurato confronto tra l’edizione a stampa e il faldone dattiloscritto presente nell’Archivio della Fondazione. Ciò ha prodotto infatti un’appendice con le varianti rilevate. Le Cantiche che vanno dalla settima alla quindicesima sono totalmente inedite.
Completano il volume due Ecloghe inedite dedicate a Dante e il testo di una singolare conferenza che Lucio Saffaro tenne a Mantova sempre su temi danteschi, ma partendo da Virgilio: Strutture profetiche dell’ Eneide (domenica 20 settembre 1981, Casa del Mantegna).

 

 

(Dall’introduzione di Gisella Vismara)

Il tormento euristico e raffinato di Lucio Saffaro (Trieste
1929-Bologna 1998) rappresentò il motivo costante
di un’indagine artistica, letteraria, scientifica che
lo condusse, fin dalla giovinezza, a risultati curiosi e
lontani dal proprio tempo. La prospettiva culturale nella
quale si mossero tutti i suoi intendimenti fu da lui
collocata in un passato antico, classico, e, in un certo
senso, metaforicamente, nell’infinito, una dimensione
questa che gli permise di restare distante dalle mode,
concedendogli di lavorare autonomamente rispetto al
mercato, alle committenze, e sottraendolo, così, alla
sfida incalzante posta dalla contemporaneità. All’origine
della complessità del suo pensare e ricercare si
trova la volontà dell’artista di di-mostrare l’imprescindibilità
dell’inseguimento della conoscenza. Per Saffaro,
le azioni riflessive e il vagare speculativo divengono
azioni vane, spossanti e logoranti, perché l’infinito
e la verità restano impossibili raggiungimenti.
Per un’intera vita la sua ricerca plurima e trasversale
si è dispiegata all’insegna di tale “inseguimento”,
come in una sorta di corsa eterna e quieta
verso la scoperta di un paesaggio sempre nuovo,
ma già noto, il cui orizzonte, per l’artista, consapevolmente
si collocava, senza interruzione, nell’infinito.

 

(Dalla postfazione di Dario Giugliano)

Certo, mi si potrebbe obiettare che una scrittura densamente
simbolica come questa è in grado di veicolare
sensi che vanno ben al di là di una possibile
aneddotica che, sulla scorta di informazioni biografiche
personali in mio possesso, da me è stata ricordata
– ed è assolutamente così. Ma il fatto che lo
sia ovvero che questa come qualsiasi altra scrittura
sia indefinitamente produttrice di sensi, in maniera
disseminante, non mi sembra dimostrare altro da
quanto sopra esposto di una confluenza del mos geometricus
e della sensibilità. Sarebbe vano, quindi,
per esempio, pensare di ricavare una tesi in grado
di mostrare la posizione finale e, perciò, definitiva
come risultato di questa disputa, perché il suo senso
complessivo è nella disputatio stessa, un po’ come
accade per i dialoghi filosofici di marca aporetica
(platonici in primis). Quello che a Lucio interessava
di questa tipologia di dibattito accademico, in voga
soprattutto nella Scolastica, consisteva nel poter far
emergere tutto il portato di un investimento nella sua
stessa modalità formale, un po’, se si vuole, come
accade per il viaggiare, la cui meta finisce per coincidere
con l’attenzione che si riserva al valore stesso
dell’esplorazione e non, quindi, al punto di approdo
finale del viaggio, da cui l’interesse per la relativa serendipità
insita al viaggiare medesimo.

 

FONDAZIONE LUCIO SAFFARO

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