La scrittura modulare di William S. Burroughs < = > Vittore Baroni

 

William S.Burroughs - Maschera e francobolli da TRAX The Brain Factory, di Vittore Baroni
William S.Burroughs – Maschera e francobolli da TRAX The Brain Factory, di Vittore Baroni

 

Accarezzando il 31 dicembre 2014, termine ultimo per la celebrazione del centenario di William S. Burroughs, pubblichiamo con qualche ora di ritardo (William “the Priest” Burroughs ci perdonerà con un serafico “Oh yeah, no problem…”) il nostro tributo a uno dei più grandi sperimentatori del XX° secolo.
Su Burroughs si è detto e scritto moltissimo, soprattutto da quando anche gruppi rock e sperimentali si sono appropriati dell’universo “pervertente” dello scrittore (intorno agli anni ’90 l’ultimo grande boom), ma in realtà lo si è letto pochissimo. Per ricordare questi cento anni dalla nascita (1914-1997) abbiamo deciso di pubblicare un documento inedito dell’artista e critico Vittore Baroni: “La scrittura modulare di William S. Burroughs: cut-up reconsidered”.


Si tratta della tesi di laurea che Baroni discusse nell’anno accademico 1985-86 a Pisa, nell’ambito del corso in Lingue e Letterature Straniere Moderne presso la facoltà di Lettere e Filosofia. Come scrive Baroni nella presentazione “[…] la mia tesi […] rivela qualche ingenuità oltre alla pedanteria tipica degli studi accademici, ma anche alcune intuizioni che mi pare abbiano retto la prova del tempo […]”, in effetti il capitolo principe del lavoro, dedicato appunto alla scrittura modulare, meriterebbe di essere ripreso e approfondito, anche alla luce delle nuove esperienze di scrittura di ricerca, delle pratiche del googlismsought poems.
Inizialmente, quando abbiamo riletto la tesi, si era pensato a una rielaborazione e una pulitura dei capitoli, ma poi, per motivi di impegni pressanti già presi per il 2014, Vittore ha proposto la pubblicazione del testo così come fu concepito trenta anni fa; d’accordo  con questa linea, che ci permette di riesumare un documento comunque significativo della letteratura critica su Burroughs, ve lo riproponiamo tal quale, in scansione, con un vintage “olivetti lettera 32” e solo con un lieve intervento alla veste grafica.
In chiusura al testo introduttivo alleghiamo due immagini di una “mappa sintetica” dell’opera di William Burroughs (schema finora mai realizzato a nostra conoscenza) che Vittore Baroni ha abbozzato, con la previsione di stamparne una definitiva in un numero speciale di  [dia•foria.  Vittore spiega: “Ho cercato di indicare a grandi linee le connessioni fra i diversi titoli e fra questi e i tre cicli narrativi principali (nei cerchi). Ci sono coordinate geografiche (in alto) e temporali  (in basso), inoltre il diverso colore delle linee indica titoli tra loro affini (ad esempio blu per saggi e interviste, grigio per materiali inerenti il cut-up)”.
L’ebook  La scrittura modulare di William S. Burroughs: cut-up reconsidered” di Vittore Baroni può essere consultato e scaricato anche in PDF su  Biblioteca di  f l o e m a o direttamente qui sotto attraverso la piattaforma ISSUU per la lettura di ebooks e documenti:

 

Uncle Bill & I: appunti a margine di una tesi recuperata

di Vittore Baroni

 

Sono passati quasi trent’anni da quando, nell’anno accademico 1985-86, ho discusso a Pisa la mia tesi di laurea La scrittura modulare di William S. Burroughs: cut-up reconsidered, nell’ambito del corso in Lingue e Letterature Straniere Moderne presso la facoltà di Lettere e Filosofia (per la cronaca, con punteggio di 110 e lode). La ricorrenza del centenario dello scrittore americano, nato a St Louis il 5 febbraio 1914 e scomparso il 2 agosto 1997, è parso il momento più appropriato per rendere disponibile in formato digitale questo lavoro rimasto finora inedito, rinnovando la collaborazione con Daniele Poletti e il progetto di ricerca letteraria dia*foria che in materia di Beat Generation ha già visto la pubblicazione nel 2011 – in occasione dell’omonima rassegna da me curata alla galleria Maffei Arte Contemporanea di Viareggio – della raccolta Notte Beat: 37 poesie inedite dalla generazione battuta
Riletta oggi, la mia tesi su questo personaggio alquanto anomalo anche rispetto agli eccentrici parametri della comunità Beat, definito da Norman Mailer “l’unico scrittore veramente geniale dell’ultimo dopoguerra”, rivela qualche ingenuità oltre alla pedanteria tipica degli studi accademici, ma anche alcune intuizioni che mi pare abbiano retto la prova del tempo e anzi meriterebbero forse un aggiornamento e approfondimento (non vengono difatti presi in esame nel testo l’ultimo volume nella trilogia delle Western Lands, non ancora pubblicato all’epoca, e i radi scritti successivi). Il saggio mette a fuoco le peculiari pratiche di scrittura sperimentale di Burroughs e in particolare vuole riconsiderare e rivalutare il ruolo svolto nell’economia dell’opera dello scrittore dalla nota tecnica del cut-up avuta “in dono” dall’amico Brion Gysin (pittore-poeta inventore della “dream machine”), consistente nel taglio concreto con forbici e lamette di varie tipologie di testi preesistenti (dattiloscritti originali ma anche pagine di giornali, libri, riviste, ecc.), poi rimontati con diverse procedure e risultati.

Burroughs nel 1989 - foto originale inedita
Burroughs nel 1989 – foto originale inedita


Non si trattava solo, nei carbonari esperimenti compiuti sul finire degli anni Cinquanta da Bill e Brion nelle stanzette in malaffare di un piccolo hotel parigino, di “liberare le parole” dalle gabbie della sintassi e dalle consuetudini dell’utilizzo abituale, di compiere una sorta di divinazione sul corpo del testo e rintracciare significati insospettati latenti negli scritti, ma anche di affrancare l’opera letteraria nel suo insieme dalle aspettative e limitazioni della trama convenzionale, dando forma a strutture aperte, rizomatiche, virali (“il linguaggio è un virus”). In sintesi, il mio scritto intendeva dimostrare come il processo semi-aleatorio di taglia-e-incolla applicato da Burroughs/Gysin alle singole pagine fisiche (molto più razionalmente controllato di quanto si è portati a ritenere) si riverberava e riproduceva traslato in modo più o meno metaforico anche nel montaggio “modulare” di temi e personaggi nell’ambito delle singole opere narrative, come pure nella struttura scomponibile dei diversi cicli di romanzi (la galassia Nova, i Ragazzi Selvaggi, le Terre Occidentali) e più in generale dell’intero opus letterario, in un grande gioco di scatole cinesi. 
Questa mia impostazione venne del resto confortata dal cenno di approvazione che ricevetti a Londra nell’ottobre 1982, all’epoca della rassegna The Final Academy (il mio primo reportage sul campo per la rivista “Rockerilla”), dallo stesso scrittore e dal suo segretario personale James Grauerholz, dopo che ebbi loro esposto per sommi capi l’idea della tesi che proprio allora avevo iniziato a delineare. Ci trovavamo in quell’occasione all’interno di una nota libreria dove lo scrittore stava pazientemente autografando sue pubblicazioni per una lunga processione di fan, ed approfittai dell’occasione anche per far dono a Burroughs (ma fu il segretario ad impossessarsene subito “per il nostro archivio”) di una copia di Trax 0682 RedNight / NotteRossa, antologia su audiocassetta e libretto da me assemblata assieme a Daniele Ciullini con contributi sonori e visivi d’ispirazione burroughsiana ricevuti da 85 autori di 12 nazioni. La raccolta – poi riveduta e ampliata per la ristampa su due cd edita da Small Voices nel 2008 – divenne nell’82 anche una mostra itinerante, seguita quattro anni dopo da un’altra pubblicazione ispirata al cut-up inserita nel catalogo del progetto Trax, il libretto 231086 The Brain Factory con lavori verbo-visuali di numerosi autori internazionali, fra cui lo stesso Gysin.


Se la mia tesi è rimasta finora chiusa in un cassetto, in copia dattiloscritta con rilegatura in tela color rosso sangue (le stesse pagine digitalizzate in modo fedele per dia*foria, come si trattasse di una ristampa anastatica), in realtà nel corso degli anni ho avuto a più riprese occasione di occuparmi di Burroughs, sia nell’ambito della mia attività giornalistica che di svariate autoproduzioni curate da me o altri. Lo “Zio Bill”, come è stato familiarmente definito, è divenuto insomma per me una presenza costante, una figura di riferimento a cui fare spesso ritorno, per diletto e istruzione e inesauribile meraviglia. Le opere maggiori di Burroughs, i suoi taccuini di sogni, le numerose interviste, le routine sparse in centinaia di riviste underground, vanno a comporre un immenso grimorio laico, un Necronomicon del XX secolo, un testo sacro apocalittico che va ben oltre la distinzione tra fiction, autobiografia, saggio filosofico ed altri generi letterari. La pagina si anima, i vocaboli attivano buchi neri nella nostra percezione, la lettura diviene un’esperienza psicotropa, dita morte parlano e lontane stelle esplodono tra sguardi penetranti di lemuri e danze d’impiccati eiaculanti.
Come tanti, mi ero procurato una copia del Pasto Nudo a ruota della lettura di Sulla Strada di Jack Kerouac, nei primi anni del liceo, in un periodo (appena conclusi i “favolosi” anni Sessanta) in cui la lettura dei principali scrittori Beat era un’esperienza formativa imprescindibile per chi nutriva qualche interesse per la musica rock alternativa e l’universo della controcultura hippie. Incuriosito dall’ingarbugliata configurazione del libro e dall’immaginario truce e visionario contenuto in quelle pagine, non persi tempo a procurarmi gli altri titoli disponibili in (volenterosa ma assai problematica) traduzione italiana e ad eleggere WSB  tra i miei autori preferiti, a fianco di Joyce e Beckett (le letture difficili mi hanno sempre solleticato più di quelle di facile interpretazione).

W.S. Burroughs al Beat Hotel Parigi -1959
W.S. Burroughs al Beat Hotel Parigi -1959

Ottenuta la maturità scientifica mi iscrissi al DAMS di Bologna, facoltà universitaria imperniata su Discipline di Arte, Musica e Spettacolo al tempo ancora in una fase pionieristica, con docenti però del calibro di Umberto Eco, Luigi Squarzina e Renato Barilli. Dopo un anno di frequenza, scoraggiato dalla totale mancanza di laboratori e strumenti didattici (come si può studiare regia cinematografica senza disporre neppure di una videocamera?), optai per più pratici studi linguistici all’università di Pisa, utili anche nell’attività alberghiera di famiglia. Mi rammentai del mio amore per Burroughs al momento della tesi, qualche annetto fuori corso, dopo una falsa partenza con l’idea di occuparmi del poeta e critico d’arte John Ashbery. Come ha affermato Gysin (ho messo la citazione in apertura di libro), “mi dicono che i Capricorni sono fatti così: credono sempre di avere a disposizione tutto il tempo del mondo”.
Fu quella anche l’occasione per incrementare la mia già discreta biblioteca Beat con ordini consistenti di rare pubblicazioni effettuati presso distributori specializzati come Am Here Books negli USA e Pociao’s Books in Germania. I primi anni Ottanta sono stati un momento di particolare fibrillazione nella carriera dell’hombre invisible (altro soprannome ricorrente di WSB), riscoperto e venerato dalla generazione post-punk anche per i molti agganci multimediali delle sue innovative sperimentazioni tra nastri magnetici, “macchine dei sogni”, fotografie ed ibridazioni di scrittura e immagine. Prima e dopo la discussione della tesi, spesso attingendo per spunti direttamente dalle sue pagine, ho avuto modo quindi di pubblicare vari articoli burroughsiani su “Rockerilla” (ricordo ad esempio una corposa monografia su Gysin), “Rumore” (un denso servizio in uno dei primi numeri della rivista, in occasione dell’uscita del film di David Cronenberg tratto da Naked Lunch), “Pulp libri” (un tributo nel 1997, dopo la scomparsa dello scrittore) e in diverse altre occasioni.

Burroughs con gatto
Burroughs con gatto

Merita ricordare in particolare il tentativo di mettere assieme un repertorio annotato di tutte le registrazioni pubblicate su disco dallo scrittore o a lui in qualche modo correlate, articolo apparso nel 1990 in versione italiano/inglese sul primo numero della audio-rivista “Sonora” (Grauerholz mi scrisse di aver trovato la lista molto utile e non mancò di inviarmi in anteprima, per recensione, l’ottima raccolta di reading curata da Hal Willner Dead City Radio e successive prove discografiche), e inoltre la bibliografia da me curata in appendice all’edizione italiana del noto volume dedicato a Burroughs e Gysin dalla rivista americana “ReSearch” (ShaKe edizioni, 1992). A ruota della pubblicazione per Stampa Alternativa, nel 1990, dell’audio-libro con traduzioni dei testi di Genesis P.Orridge/Psychic TV, avevo poi delineato la struttura per una antologia (con mini-cd di WSB allegato) dedicata a Burroughs/Gysin e alla storia del cut-up. Grauerholz si disse interessato a collaborare al progetto e, in occasione di una rapida visita di Burroughs in Italia, mi invitò a Roma ad un incontro per parlarne, ma dovetti rinunciare a causa di altri impegni (quanti possono vantare di aver rifiutato un invito a cena dallo Zio Bill?). Per una serie di ritardi e complicazioni tecniche, quell’antologia rimase sulla carta allo stadio di idea, come spesso avviene in questi casi.

Conclusa nel 1987 la trilogia delle Terre Occidentali, Burroughs non ha intrapreso nell’ultimo decennio della sua vita altri grandi cicli narrativi, preferendo dedicarsi a raccogliere memoriali, diari, scritti brevi, e dedicandosi soprattutto alla sua rinnovata passione per la pittura (spesso a colpi di fucile su bersagli di colore). Non sono però mai mancate, per gli appassionati, nuove occasioni di lettura, tra le molte riedizioni “director’s cut” di vecchi titoli e la riscoperta di opere occultate (vedi la straordinaria proto-graphic novel Ah Pook Is Here coi disegni di Malcolm Mc Neill, rimasta incompiuta nei Settanta, la cui storia è stata ricostruita nel 2012 per le edizioni Fantagraphics nel lussuoso volume The Lost Art of Ah Pook Is Here). Di recente, in occasione del centenario dalla nascita, ho avuto modo di fare il punto per la rivista “Blow Up” (luglio-agosto 2014) proprio sulle molte pubblicazioni postume di WSB, tra cui un posto di rilievo è occupato dai cataloghi di varie mostre imperniate sui suoi cut-up e dipinti (come l’esposizione irlandese del 2008 Cut-Outs and Cut-Ups che ha messo a confronto le silhouette intagliate nella carta da Hans Christian Andersen con gli stencil e i collage di Burroughs, o l’ampia retrospettiva The Name Is Burroughs – Expanded Media curata in Germania nel 2012 dal Museo di Arte Contemporanea ZKM di Karlsruhe). Il cut-up in qualche modo, insomma, ha infine riguadagnato nella considerazione critica dello scrittore quel ruolo significativo e centrale a cui la mia vecchia tesi alludeva. Unleoutt bara. Tuo tel urbana. Buona lettura.

Dicembre 2014

MAPPA SINTETICA DELLE OPERE DI WILLIAM S. BURROUGHS

 

Mappa sintetica, bozza 1 - Vittore Baroni
Mappa sintetica, bozza 1 – Vittore Baroni

 

Mappa sintetica, bozza 2 - Vittore Baroni
Mappa sintetica, bozza 2 – Vittore Baroni

 

Vittore Baroni
Vittore Baroni

Vittore Baroni è nato il 17 Gennaio 1956 a Forte dei Marmi (Lu). Si è laureato in lingue e letterature straniere moderne presso l’università di Pisa, con tesi sulle tecniche di scrittura di William S. Burroughs. Critico musicale e indagatore delle controculture, è uno dei più attivi e stimati frequentatori del circuito della mail art, all’interno del quale ha curato innumerevoli mostre, progetti collettivi e pubblicazioni. Espone collage, libri d’artista e poesie visive dalla fíne dei ‘ 70. Ha registrato cassette e dischi “plagiaristi” come Lieutènant Murnau (1980-1984) e dal 1991 fa parte del gruppo Le Forbici di Manitù. Ha collaborato a numerose riviste e fanzine internazionali e curato volumi su musiche radicali, mail art, copy art e sull’arte psichedelica dei ‘ 60. Fondatore della rivista di multipli d’artista BAU e curatore di mostre e progetti.


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Commenti

3 risposte a “La scrittura modulare di William S. Burroughs < = > Vittore Baroni”

  1. […] La scrittura modulare di William S. Burroughs < = > Vittore Baroni […]

  2. Avatar EP
    EP

    Davvero interessante, grazie! Burroughs è stato un mio grandissimo amore e fonte di ispirazione.

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