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Marco Mazzi

SEPARAZIONI/JUMP CUTS
fase zero (matrice)

 

 

Marco Mazzi – Separazioni/Jump Cuts

Formato: 19×30 cm
Pagine: 288
euro 22,00
a cura di Daniele Poletti
nota critica: Alessandro De Francesco
[dia•foria, giugno 2025
collana: floema – esplorazioni della parola

 

Nota critica di Alessandro De Francesco
Ogni scrittura che non racconti niente di specifico e che non crei una finzione
lineare intesa come cronotopo definito è da riceversi come un’esperienza
del reale che ci circonda. Se la scrittura viene percepita e vissuta,
piuttosto che interpretata e capita, tutta la famosa storia dell’oscurità della
poesia svanisce. Nessuno si chiede cosa significhi entrare in una stanza,
toccare un corpo, o mangiare una pietanza, perché queste esperienze non
corrispondono immediatamente a un sistema di segni. La scrittura di
Separazioni – Jump cuts, benché costellata qua e là da personaggi e da
scene narrate, non è una scrittura di finzione: essa si presenta in oggetti,
percetti, concetti, spazi che non creano a loro volta un mondo parallelo, ma
“fanno mondo”, nel senso che ci permettono di entrare nella realtà, quella
di tutti, da angoli inediti. In questo senso, Separazioni – Jump cuts mette in
atto una vera e propria scrittura-esperienza, che traduce il reale in una serie
di processi testuali volti a mantenere la complessità, in senso propriamente
epistemologico, del modo in cui lo esperiamo.
La nozione di “scrittura complessa”, cara alla casa editrice
[dia•foria e al suo progetto teorico, è profondamente appropriata per descrivere
il lavoro di Mazzi: al di là di certi valori, lo sviluppo di un sistema
complesso è imprevedibile e il suo comportamento non è lineare.
Imprevedibilità e non-linearità caratterizzano queste pagine sotto forma di
sovrapposizioni dei piani dell’immaginario e di temporalità multiple, invertite
e sovvertite. Un sistema complesso presuppone inoltre dei modelli
di descrizione multidimensionali e aperti, che ritroviamo nell’andamento
del testo di Mazzi, nella sua potenziale infinità e nella molteplicità dei
punti di vista che si succedono rapidamente nel testo fino a creare una sorta
di caleidoscopio della percezione.
Per ottenere questo tipo di risultato, il libro è stato composto mediante
tecniche esse stesse molteplici: ripetizioni, trasformazioni e permutazioni
di materiali di partenza nei quali si mischiano fasi di scrittura
soggettiva, come in un flusso di coscienza focalizzato non sull’esperienza
individuale, ma su una massa di immagini in dialogo aperto; fasi di scrittura
concettuale, dove il testo si fa evento attraverso il processo stesso del suo
sviluppo; e fasi di scrittura cosiddetta “non-creativa”, dove il testo è prelevato
da fonti eterogenee ed esterne all’opera – spesso e volentieri reperite
su internet, che l’autore considera un ricettacolo di storie ben più interessanti
di quelle di finzione –, che vengono in seguito rielaborate e iniettate
nel flusso testuale. Ad esse si aggiunge una concezione della scrittura,
secondo le parole dello stesso autore, come “noise”, ovvero come performance
o installazione verbale in cui il testo è trattato mediante filtri, effetti,
dilatazioni e compressioni, come si farebbe con della materia sonora.
Una frase come la seguente: «ciò che sto scrivendo ora (sono le
16:38) è una montagna che si trasforma, un mare che si ritira» può essere
intesa quale dichiarazione di poetica riferita ai processi di trasformazione
in atto. Non mancano altri indizi sul modo in cui l’opera è stata costruita:
«questo testo sarà imballato, credo. / sarà spostato, spedito, e non so come
(se ci sono parole, allora c’è un reale, in senso ingenuo)». L’imprevedibilità
della scrittura complessa investe lo stesso autore («non so come»)
e il linguaggio si fa recensione diretta, «ingenua», del reale. Il testo di
Separazioni – Jump Cuts è un’auto-permutazione ed è imprevedibile a sé
stesso. Altrove (ad esempio in Nihil, Gli Ori 2023) Mazzi ha lavorato anche
con traduttori ad intelligenza artificiale, di cui si percepisce un’eco formale
e di registro anche nella scrittura di Jump Cuts, dove l’autore non ha
utilizzato direttamente tali dispositivi. Ma l’eco dell’IA rimane appunto
in questa idea di permutazione infinita, cara all’autore, secondo la quale
il testo qui presentato è soltanto una fase e una versione provvisoria, che
potrebbe benissimo evolvere ulteriormente (e imprevedibilmente, secondo
i criteri di complessità illustrati sopra) applicando nuovi filtri e nuovi
passaggi.
Contrariamente a quanto si potrebbe forse pensare leggendo queste
brevi osservazioni, Separazioni – Jump Cuts è quanto di più lontano vi
possa essere da un approccio formalista. Le tecniche utilizzate per realizzarlo
sono in fondo meri mezzi, per quanto importanti, per l’esperienza del
testo nel suo insieme, le parti di “flusso di coscienza” rimangono centrali,
e soprattutto il lavoro di Mazzi non è mai calcolato né intellettualizzato.
In questo Mazzi, come scrittore e come artista, anzi in quanto scrittore-artista,
è in grado di uscire dal Novecento e di proporre un discorso decisamente
contemporaneo: fare della scrittura un luogo di sperimentazione
non significa assumere un partito preso avanguardistico in cui l’oggetto
si sostituisce al soggetto, la forma all’emozione. Come i vari piani della
scrittura si mischiano in modo indistinto e produttivo, così anche la
concettualità e l’emotività diventano complici nell’andamento di un testo-
esperienza che si emancipa da qualsiasi presupposto, formale ma anche
ideologico, che ne detti lo sviluppo. Una cosa però resta nella poetica
dell’autore dell’eredità “sperimentale” di un’avanguardia peraltro più europea
che unicamente italiana: la nozione stessa di scrittura che, come già
prevedeva Philippe Sollers in Logiques (1968), si sostituisce storicamente
a quella di letteratura, e si sottrae, come anche in questo caso, a qualsiasi
determinazione non solo formale, ma anche generica. Separazioni – Jump
Cuts è poesia in prosa, prosa poetica, narrazione non finzionale, scrittura
libera o non-creativa, tutto insieme, fino a che tali definizioni possano essere
abbandonate in favore di un’esperienza nuda – secondo un aggettivo
ricorrente nell’opera – del testo come mondo. Se la pratica artistica in tutte
le sue manifestazioni, specialmente quelle più ibride, è una storia di esplorazione
e di rischio, quest’opera affronta con coraggio, nell’evoluzione del
suo flusso testuale, due imprevedibilità parallele: quella del reale stesso
nella sua complessità e quella di un processo testuale non ancora definito,
proteso verso il futuro e l’ignoto della scrittura.

Marco Mazzi (Firenze, 1980) è artista multimediale. Si occupa principalmente di video arte. Ha esposto presso il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci (Prato), il Museo laboratorio di arte contemporanea (MLAC, Roma), lo Yokohama Museum of Art (Yokohama, Giappone), il Watari Museum of Contemporary Art (Tokyo), il 798 Art District di Beijing, il Museo di scultura e architettura di Pietrasanta e in gallerie private, fra le quali: Daniele Ugolini Contemporary, Frittelli arte contemporanea, Cartavetra. Si interessa alla scena culturale e politica dell’Albania, dove participa a residenze artistiche e collaborazioni presso il Department of Eagles e il DebatikCenter of Contemporary Art di Tirana. Fra le pubblicazioni ricordiamo: Relational Syntax (Maschietto Editore, Firenze, 2012, in collaborazione con la Fondazione Nomas, il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci e la Galleria Scaramouche), Uninspired Architecture (Maschietto Editore, Firenze, 2014), Inconscio ambientale (a cura di Erica Romano, SilvanaEditoriale, Milano, 2018), Lapidari (con Vincent WJ van Gerven Oei, Punctum Books, New York, 2015), Beta Exercise, The Theory and Practice of Osamu Kanemura (con Vincent WJ van Gerven Oei, Punctum Books, New York, 2019), Control (Con Armando Lulaj, Silvana Editoriale, Milano, 2020), Industrial (con Elisabetta Porcinai, Mousse Publishing, Milano, 2021), Mental Dough (con Alessandro De Francesco, Gli Ori, Pistoia, 2022), Nihil (a cura di Silvia Concari, Gli Ori, Pistoia, 2023). Ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali nell’ambito della video arte e del cinema sperimentale. Vive e lavora fra Firenze, Tokyo e Tirana.

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