CONTAINER B – osservatorio intermodale

 

La rivista CONTAINER – osservatorio intermodale esce con il secondo numero (B). Dopo due anni di lavori, covid compreso, finalmente vede la luce una pubblicazione ancora più ricca e articolata della precedente. Sono state inaugurate al suo interno nuove rubriche per permettere di ordinare al meglio la multifocalità di queste 84 vulcaniche pagine. Si va dalla critica letteraria, alle arti visive, passando per glossolalia, Carmelo Bene, Adriano Spatola, pornografia e critica radicale.

Caratteristiche tecniche:

Formato chiuso a doppia piegatura: 165×310 mm.
Formato chiuso: 330×310 mm.; formato apero: 660×310 mm.
Pagine: 84
Stampa: b/n
Prezzo: euro 15,00
[dia•foria, 2022

La rivista è divisa in quattro fascicoli, e si pregia anche per questo numero di un nutrito laboratorio dedicato alle traduzioni (tutte prime italiane). Può essere richiesta direttamente all’indirizzo: info@diaforia.org

Ecco l’indice:

AUTOSACRAMENTAL < = > Andrea Leonessa

 

 

Solstizio d’estate 2018, pubblichiamo a distanza di cinque anni da “Postumi dell’organizzazione”, che presentammo sulle pagine di  f l o e m a – esplorazioni della parola, l’ultima raccolta poetica di Andrea Leonessa, “AUTOSACRAMENTAL”.
Pur rappresentando uno spostamento sensibile verso una parola più lirica, per quanto corrosa, “Autosacramental” si inserisce a nostro avviso come la chiusa logica e ideale di un primo percorso di indagine poetica, avviatosi con “Postumi dell’organizzazione” (appunto) e passato attraverso “Eauthanatoproxy” (2015).
In virtù di questa osservazione la pubblicazione integrale di questo ultimo lavoro, in edizione speciale per il nostro sito, anticipa la stampa di un lavoro antologico di Leonessa, per il 2019, che comprenderà estratti dalle tre raccolte indicate.
Intanto buona lettura!

SUONO PROSSIMO, ULTIMO APPUNTAMENTO 01 10 2016

SUONO PROSSIMO

ULTIMO APPUNTAMENTO 01 10 2016

 

 

Sabato 01 10 2016 presso il chiostro di S. Agostino a Pietrasanta avrà luogo l’ultimo appuntamento del festival di arti sonore “Suono Prossimo” organizzato da Lisca Records e Nub Project Space si esibiranno Alessandra Eramo e Gelba. Si prospetta una serata con due set molto diversi fra loro: un binomio che vede ad un polo, il suono-forma della Eramo, cantante artista e performer, l’altro polo costituito dal duo “Gelba” formato da Michele Mazzani e Matteo Poggi che uniscono nella ricerca del suono  field recording, chitarre distorte e loops.

 

 

Alessandra Eramo

Alessandra Eramo

Alessandra Eramo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alessandra Eramo attraverso l’atto performativo congiunto all’uso arcaico della voce offre spettacoli che oltrepassano gli strati più viscerali dell’espressione poetica. Nelle sue performances di poesia sonora usa dinamicamente suoni pre-registrati, microfoni, voci e lingue sconosciute, field recordings, theremin e nastro magnetico.
Artista e compositrice formatasi a Berlino, Alessandra Eramo lavora principalmente con la voce e il rumore per la creazione di performances e composizioni testo-suono, ma anche installazioni, disegni e video, esplorando territori acustici latenti della voce umana e ridefinendo i confini della poesia sonora ma anche quelli della performance vocale.
Si è formata in canto classico, teoria musicale e pianoforte in giovane età, ha completato i suoi studi in seno alla musica sperimentale a Milano, Stoccarda e Venezia.
Ha esposto e si è esibita in Europa, Turchia, USA e Canada presso, tra gli altri: Museum FLUXUS+ Potsdam, PACT Zollverein Essen, Flussi Festival Avellino 2015, Roulette New York, Liverpool Biennial 2012. Su invito dell’Istituto Italiano di Cultura di Stoccarda, partecipa al “Padiglione Italia nel Mondo” della 54° Biennale di Venezia con la sua opera audiovisiva Poetophonie. Co-fondatrice di “Corvo Records – vinyl & sound art production” a Berlino, pubblica l’LP da solista Come ho imparato a volare nel 2011 e nel 2014 il 7” Roars Bangs Booms, basato sulle parole onomatopeiche dal Manifesto Futurista “L’Arte dei Rumori” di Luigi Russolo. Collaborazioni con acclamati compositori, artisti e coreografi includono Brandon LaBelle, Tomomi Adachi, Noha Ramadan, Seiji Morimoto, Marta Zapparoli. Nel 2015 è performer vocale nell’opera video del duo svizzero Maria Iorio & Raphaël Cuomo, esposta alla Fondazione Querini Stampalia nell’ambito della 56° Biennale di Venezia. Vincitrice di premi e residenze artistiche tra cui: Goethe Institut Napoli/Monaco, IfA Berlino/Stoccarda, EMS StoccolmaHarvestworks New York. Dal 2015 e membro del collettivo “Errant Bodies Sound Art Space” a Berlino.

 

Gelba

 

Gelba

Gelba

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Michele Mazzani // guitar, synth, tapes, e-harp, loops and teeth
Matteo Poggi // guitar, analog echo, tapes ,gongs and drones

Gelba nasce nel 2011: Michele Mazzani e Matteo Poggi stanchi delle loro esperienze musicali, decidono di fondare un nuovo progetto a partire da visionari field recordings di montagna, complesse soluzioni chitarristiche,  e arcani tape loops riprocessati all infinito, nell intento di creare un muro di suono contornato da parti e momenti piu calmi ed evocativi…
Negli anni hanno condiviso il palco con diversi progetti di sperimentazione sonora, italiani e stranieri tra cui Sic Alps, Rinus Van Alebeek, Bear Bones Lay Low, To Live And Shave In L.A., Jooklo duo, Bruital orgasme, Burial Hex, Dylan Nyoukis, Thurston Moore, Thollem Mcdonas, etc.

Discografia recente:

– split tape w/t My Cat Is An Alien (old bicycle rec)

– split tape w/t Caligine (manstre par excess)

– “Fire Spitting Ravines” LP (lonktaar/swollen avantgarde)

Prossimi realizzati: tape on Troglosound, tape BOX (6 tapes) + cdr BOX (4cdr)

 

 

 

https://gelba.bandcamp.com/

 

Suono Prossimo 2016

Suono Prossimo 2016

SUONO PROSSIMO, RASSEGNA DI ARTI SONORE seconda edizione

suono prossimo  II

rassegna di arti sonore

 

 

Primo concerto 02/09/2016

 

 

Venerdì 2 settembre alle ore 21:00 presso il chiostro di S.Agostino a Pietrasanta avrà inizio la seconda edizione di suono prossimo, rassegna di arti sonore organizzata da Lisca Records e Nub Project Space con [dia•foria in veste di media partner. Il palinsesto è stato curato scegliendo artisti che operano nella ricerca musicale secondo parametri che corrispondono all’eclettismo, ovvero ad un utilizzo di tecniche appartenenti a schemi teorici diversi, e all’integrazione, che riguarda invece la capacità di avvalersi di un modello teorico ben sperimentato, da affiancare ad altri modelli che possono offrire una visione diversa, per espandere la mutevolezza del suono. La prima serata vede come protagonisti i toscani Lieutenant Murnau e il duo Lettera 22, di cui di seguito potete leggere le biografie.

 

 

Lieutenant Murnau

Nella tradizione sotterranea che dalle identità collettive di Monty Cantsin e Luther Blissett arriva fino ad Anonymous, Lieutenant Murnau è un “nome multiplo” adottato tra il 1980 e il 1984 dal networker toscano Vittore Baroni e da diversi operatori che hanno realizzato dischi e cassette (in Italia, Paesi Bassi, Germania, Belgio, Regno Unito) “senza suonare una sola nota”. Brani di Lt. Murnau, spesso ottenuti con tecniche di cut-up ispirate all’opera di W.S. Burroughs e B. Gysin o manipolando originali “vinili preparati” in azioni di turntablism radicale fai-da-te, sono comparsi nei primi Ottanta anche in numerose antologie internazionali su disco e su nastro. Il nome e l’immagine di questo “gruppo fantasma”, tra i progenitori del “plagiarismo” sonoro (o plunderphonics) assieme a personaggi come John Oswald, l’artista fluxus Milan Knížák e il collettivo Negativland, derivano da una foto del regista tedesco Friedrich Wilhelm Murnau (autore del celebre Nosferatu) in divisa da tenente della Luftwaffe durante la prima guerra mondiale. Il progetto aperto ha circolato tramite fanzine autoprodotte, locandine di concerti immaginari e centinaia di maschere col volto di Lt. Murnau spedite in ogni angolo del mondo. Nel 1998, una selezione del repertorio di Lt. Murnau è stata rivisitata e rimontata nel cd Le Forbici di Manitù play & Remix Lieutenant Murnau, coprodotto dalle etichette Earthly Delights e Soleilmoon (UK/USA). In seguito, il “vampiro sonoro” Lt. Murnau è fuoriuscito dalla tomba in rare occasioni, con performance dimostrative e coinvolgendo il pubblico in rassegne di ricerca sonora come eXperimenta 3 a Piombino e Rumori a Viareggio (entrambe nel 2007).

Lieutenant Murnau

Lieutenant Murnau

 

 

 

Lettera 22

Mario Castro e Riccardo Mazza iniziarono il progetto Lettera 22 nel 2010 con la prima uscita “Negative Tongue”, un doppio nastro su Second Sleep, l’etichetta di Castro.
Nel 2011 uscirono “True Form” (LP, A Dear Girl Called Wendy) e “Lack Of Attention” (CD,Ljud & Bild Produktion), i loro primi veri e propri album, che ricevettero recensioni entusiaste per il loro peculiare mix di rumore, field recordings e looping.
Negli anni successivi approfondirono la loro esperienza nel campo sonoro cercando di sviluppare la loro personale visione della tradizione della musica concreta, sia attraverso strumenti digitali che analogici, per tracciare un ritratto della vita umana e dei paesaggi violati.

Le loro ultime uscite sono “General Tempo” LP su Second Sleep e doppio sette pollici prossimamente in uscita presso Holidays Records.

Durante questi anni hanno partecipato a diversi festival di musica sperimentale come il Norberg Festival, il Broken Flag Festival, Hideous Porta, Summer Scum e hanno suonato sia in date singole che durante un paio di tur in Italia e in Regno Unito.

Lettera 22

 

 

 

 

Venerdì 2 Settembre

Lieutenant Murnau

Lettera 22

ore 21:30, Chiostro di S. Agostino, sala dell’Annunziata

 

Sabato 17 Settembre

G. Altieri/C. Favaron

Metzengerstein

ore 21:30, Chiostro di S. Agostino, sala dell’Annunziata

Sabato 1 Ottobre

Alessandra Eramo

Gelba

ore 21:30, Chiostro di S. Agostino, sala dell’Annunziata

 

Suono Prossimo 2016

Suono Prossimo, edizione 2016 | Evento anticipatorio 22 Aprile 2016

Nella giornata di venerdì 22 Aprile alle ore 19:00 presso il ristorante LaBottega (Viale Apua, 188, 55045 Marina di Pietrasanta) si terrà un evento che anticiperà il festival di Arti Sonore Suono Prossimo.
Il trio di improvvisazione elettroacustica formato da Edoardo Ricci (sax), David Lucchesi (chitarra elettrica) , Devid Ciampalini (voce, percussioni, elettronica) sarà protagonista di una serata che si prospetta avvolgente: il suono come un altrove, di volta in volta, geografico, etnico, geometrico.

Suono prossimo anticipazione 2016

Lisca Records con la collaborazione di Nub Project Space continuano il lavoro fatto con l’edizione 2015 sostenendo la musica sperimentale sul nostro territorio, intrecciando risorse umane e artistiche al fine di promuovere questa raffinata forma d’arte. [dia•foria abbraccerà il progetto in veste di media partner mettendo a disposizione le sue risorse.

Di seguito una breve intervista a Michele Spagnghero e una video intervista al gruppo di improvvisazione elettroacustica VipCancro.

Buona lettura e naturalmente buona visione!

Michele Spanghero – desmodrone 

 

 

 

Michele Spanghero

Michele Spanghero

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1) Parlaci del tuo progetto: come è avvenuto l’incontro, cos’è la tua musica, quali sono le dinamiche performative? 

                 Il progetto che ho portato al festival si chiama desmodrone, è un lavoro performativo che ha un valore particolare, direi centrale, nella mia ricerca acustica in campo musicale, ma ha influenzato molto anche il mio lavoro nel campo della sound art e nelle arti visive portandomi a concentrarmi sulla risonanza (anche concettuale) tra spazio e suono. L’approccio metodologico e formale definisce e caratterizza spesso il mio lavoro, così anche il progetto desmodrone in cui il gesto tecnico esecutivo viene spinto all’estremo, così da astrarre lo strumento acustico dalla sua consueta funzionalità, dalla sua tradizione esecutiva: il contrabbasso smette di essere lo strumento in cui nasce il suono per svolgere essenzialmente il ruolo di cassa armonica. In desmodrone il gesto tecnico (l’esecuzione sullo strumento ad arco) viene portato al grado zero senza mai toccar direttamente le corde, agendo esclusivamente attraverso il mezzo in cui il suono si propaga: l’aria. Il contrabbasso viene utilizzato come pura fonte sonora, lasciato risuonare in un larsen controllato, filtrato e modulato in tempo reale. La tessitura sonora si dilata e si stratifica attraverso onde sinusoidali intonate sulla nota fondamentale del larsen del contrabbasso per creare variazioni microtonali e battimenti armonici. Il mio lavoro musicale nasce da una lunga ricerca nelle forme della musica improvvisata (solistica o d’insieme) guardando però molto da vicino le forme della musica classica contemporanea. Passo così da progetti d’improvvisazione radicale ad eseguire improvvisazioni strutturate con parametri e forme prestabiliti. Le dinamiche performative cambiano dunque molto dal tipo di progetto e dal contesto in cui viene eseguito.

2) Cosa significa per te sperimentare? Cos’è la ricerca nel suono o nella musica e perché questa esigenza invece della musica leggera ad esempio. 

              Sperimentare per me è l’unico modo di fare musica, per stupirmi mentre suono. Ecco perché utilizzo spesso un approccio improvvisativo, per la possibilità di seguire ogni volta nuove tracce. Sperimentare non significa però fare musica che debba essere per forza di ascolto difficile, si può sperimentare anche all’interno di forme più note e popolari. Dopo aver suonato per un certo periodo jazz, ho scelto di soffermarmi solo su progetti che mi permettano di portare il mio lavoro dove mi sento più stimolato, ovvero verso il limite, perché è lì dove sento che il medium (sia esso la musica o le arti visive) prende nuovo (ovvero, di nuovo) senso.

 

Intervista VipCancro

 

 

 

Suono Prossimo: tracce, edizione 2015

Nell’autunno 2015 i motivi di Suono Prossimo hanno incarnato nuovi stili nelle classiche strutture del chiostro di S.Agostino a Pietrasanta, avvolgendo il pubblico in un abbraccio fertilmente distopico. Il Festival di arti sonore, dopo il successo della scorsa edizione, ha acquisito una notorietà che ha permesso a Lisca RecordsNub Project Space di ripetere l’esperienza nella splendida cornice pietrasantina. La duplice anima del Festival sembra ormai delineata: sperimentazione e ricerca sonora legata agli artisti che interverranno, e collocazione temporale. L’edizione 2016 aprirà ufficialmente il 22 Aprile con un evento anticipatorio presso la “LaBottega” (Viale Apua, 188 Marina Di Pietrasanta) alle ore 21:00, con il trio di improvvisazione elettroacustica formato da Edoardo Ricci (sax), David Lucchesi (chitarra elettrica) , Devid Ciampalini (voce, percussioni, elettronica); tutti gli altri concerti si svolgeranno in Settembre con musicisti e date che verranno comunicati prossimamente.

Proponiamo di seguito un intervento di Vittore Baroni in merito all’edizione di Suono Prossimo 2015, una breve intervista a Umanzuki ed una videointervista a David Lucchesi, gli artisti hanno risposto a due semplici domande: 

-Parlaci del tuo progetto: come è avvenuto l’incontro, cos’è la tua musica, quali sono le dinamiche performative.

-Cosa significa per te sperimentare? In cosa consiste la ricerca nel suono e perché questa esigenza?

 

Suono Prossimo Edizione 2015
in attesa dell’edizione 2016

Sommarium di Vittore Baroni

 

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           Negli ultimi due decenni, il nostro modo di ascoltare e di conseguenza anche di concepire la musica è radicalmente mutato. L’evolversi di nuove tecnologie digitali per la produzione e circolazione di lavori audio ha modificato il nostro rapporto quotidiano con l’universo acustico, alterando sensibilmente l’ecosistema sonoro del pianeta, per ricordare un concetto caro al grande musicologo canadese Raymond Murray Shafer. Non solo la musica ci accompagna ventiquattro ore al giorno, rimandata da iPod, computer e telefono cellulare (oltre che da radio, tv e altri media abituali), ma si va sempre più ampliando e differenziando la tipologia dei luoghi deputati alla sua fruizione, non più limitati alle sale da concerto e alle discoteche (ad esempio, il suono è migrato in modo massiccio nelle gallerie d’arte, nei musei, nei bar, nei tanti “non luoghi” del paesaggio urbano). Per l’appassionato di musica, i contenuti di quelli che un tempo erano oggetti del desiderio da conquistare con impegno e sacrificio (i dischi da rintracciare e collezionare, spesso a caro prezzo), sono ora divenuti perlopiù comodamente accessibili in rete, in un fenomeno di condivisione generalizzato (legale e non) che ha generato al contempo effetti dilaganti di bulimia come di apatia culturale. L’eccesso di proposte musicali tendenti al costo zero, la saturazione del nostro “paesaggio sonoro”, ha abbassato la soglia d’interesse e sminuito il valore della creazione artistica. Similmente a come, nei lontani anni ’70, il critico Harold Rosenberg teorizzava della progressiva “s-definizione dell’arte”, assistiamo oggi, al termine di quello che Stefano Pivato ha definito Il secolo del rumore (Il Mulino, 2011), ad una rampante s-definizione del concetto di musica (dopo Cage, chi può più dire cosa è e cosa non è musica?) e al manifestarsi di diverse e più articolate relazioni tra la composizione, il suo creatore e il pubblico di riferimento. Caduti da tempo i confini tra musica colta e popolare, all’ascoltatore che non desidera conformarsi alle scelte delle classifiche di grande consumo è difatti sempre più richiesto discernimento e partecipazione, nel vaglio delle opere sonore da pescare nel mare magnum dell’offerta globalizzata come nelle modalità del loro consumo (le installazioni di audio art, un termine sempre più in uso dalla fine dei ’90, offrono spesso ad esempio possibilità di interazione e partecipazione diretta all’evento sonoro). Il supporto “fisico” della musica (cd, vinile, musicassetta o altro), dato da tempo per spacciato, sopravvive ancora in realtà nelle aree meno tecnologicamente sviluppate del pianeta così come all’interno di nicchie di audiofili, che non si accontentano della bassa fedeltà dei diffusi file Mp3 e che ancora desiderano apprezzare la composizione musicale nella sua accezione di prodotto culturale completo e autonomo, di cui è parte integrante una copertina col suo apparato di testi e immagini. In parallelo, la “smaterializzazione” del lavoro musicale, ridotto spesso ad un mero flusso di dati, ha stimolato di rimando un sensibile ritorno in auge della musica suonata e consumata dal vivo, filtrata dalle mani e dalla sensibilità di dj sempre più “musicisti” o proposta live su palchi grandi e piccoli, su pedane di bar e nelle più diverse situazioni non convenzionali (o perfino non legali, come nel caso di tanti rave non autorizzati).

              Dato un simile contesto in continuo flusso e trasformazione, costantemente in tensione tra comunicazione sonora diretta e multimediale, consapevole e indotta, chi può immaginare quali caratteristiche avrà il Suono Prossimo? La nascita di una “rassegna di arti sonore” a Pietrasanta è un evento singolare e degno di particolare attenzione, proprio per la quasi totale assenza in zona, negli ultimi decenni, di iniziative pubbliche incentrate sulla ricerca acustica. La storia della musica in Versilia e dintorni, in gran parte ancora tutta da scrivere, verte difatti da un lato sulle nostalgie per un glorioso passato classico-operistico, fortemente condizionato dalla presenza in loco del Maestro Giacomo Puccini, dall’altro su una radicata tradizione di raffinate e popolari forme d’intrattenimento “in lounge” (dalle notti calde della Bussola di Sergio Bernardini negli anni ’50-’60 alla lunga stagione della disco music). Molto più sporadiche, spesso limitate a rassegne di gruppi di base alle prime armi, le iniziative in ambito rock e jazz, se si esclude l’attività concertistica nei ’70 di alcuni club e spazi da tempo scomparsi come il noto Piper 2000, il circolo Hop Frog e il tendone circense di Bussola Domani. Poco o nulla è stato però finora programmato con riferimento agli ambiti dell’avanguardia più radicale, della musica contemporanea (elettronica e non) o della sperimentazione “colta”. Per trovare traccia di ricerche sonore di questo tipo, occorre arrivare fino ad esperienze recenti quali il festival Galaxia Medicea a Seravezza (che nel 2009 ha proposto, tra le altre cose, una mostra e convegno in tributo al pioniere della computer music Pietro Grossi) o la rassegna internazionale di audio art Klang! Suoni contemporanei curata nello stesso anno a Viareggio dall’associazione BAU, come pure (estendendo lo sguardo a province limitrofe) la manifestazione pisana Elettronica alla Spina, incentrata sulle nuove tecnologie ed esordita nel 2008 con la presentazione del rivoluzionario strumento digitale reactable.

              Un elemento che accomuna le tre rassegne menzionate è la partecipazione in concerto, in tempi diversi, dell’ensemble VipCancro, segno di un lavoro costante e ben radicato nella propria realtà geografica da parte del quartetto di sperimentazione elettroacustica pietrasantino, dal 2008 presente sulla scena musicale anche coi materiali (propri e di artisti affini) dell’etichetta discografica indipendente Lisca Records. Coerenti pertanto alle attività sviluppate su diversi fronti per oltre un lustro, i VipCancro in collaborazione con l’associazione culturale Nub Project Space hanno dato vita tra febbraio e marzo 2015 alla prima edizione della rassegna Suono Prossimo, presentando fianco a fianco autori ormai “storici” del panorama sperimentale nazionale (come Simon Balestrazzi, Gianluca Becuzzi, Edoardo Ricci, in passato al centro di progetti quali T.A.C., Limbo, Neem) e musicisti più giovani ma che già possono vantare un significativo bagaglio di esperienze. Non accadeva da cento anni – parafrasando il motto del concerto bolognese da cui prese le mosse il Nuovo Rock Italiano – e il pubblico versiliese ha mostrato di gradire la proposta di qualcosa di completamente diverso. “Oltre la musica, tra le categorie” è il sottotitolo rivelatore del volume Sound Art (Rizzoli NY, 2007) dedicato dal compositore e saggista Alan Licht alla storia delle ricerche sonore che si ibridano e si intrecciano ai più diversi linguaggi espressivi, lungo un solco già tracciato dalle avanguardie artistiche del primo Novecento. Musica (e oltre) è oggi anche un vecchio pianoforte abbandonato sulla riva dell’oceano (Annea Lockwood, Southern Exposure: Piano Transplant N.4, 2005), un pavimento tappezzato di dischi in vinile su cui il pubblico è invitato a camminare (Christian Marclay, Footsteps, 1989), due mini- amplificatori incerottati sopra gli occhi dell’ascoltatore (Rolf Julius, Music for the Eyes, 2003) o una trentina di carte da gioco applicate ad altrettanti leggii musicali disposti a spirale (Robert Filliou, Musique télépathique no.5, 1976-78), per citare solo alcuni tra gli infiniti esempi possibili. Nella Sala dell’Annunziata dello storico Chiostro di Sant’Agostino a Pietrasanta e negli spazi del locale Lo Studio, un pubblico inaspettatamente folto e composito, salutarmente intergenerazionale, ha seguito con attenzione e interesse il denso (e non facile) percorso di ricerca della rassegna Suono Prossimo, in particolare incentrato su pratiche d’improvvisazione più o meno controllata, sul trattamento digitale in tempo reale di suoni preregistrati o creati sul momento, sull’integrazione del rumore nel tessuto della composizione (in una tradizione che va da Eric Satie ai Throbbing Gristle, vedi lo studio di Paul Hegarty Noise/Music: A History, Continuum, 2008), sulla modulazione di ipnotici “suoni continui” e la manipolazione di field recording ambientali (nuovi filoni espressivi inventariati da Brandon LaBelle in Background Noise: Perspectives on Sound Art, Continuum, 2007), sull’impiego di peculiari strumenti auto-costruiti tramite un “hackeraggio” virtuoso dei più diversi dispositivi digitali (sull’argomento, vedi la guida Handmade Electronic Music: The Art of Hardware Hacking di Nicolas Collins, Routledge,2006). I presenti alle tre serate hanno potuto quindi confrontarsi col potente ed emotivo impatto audio-visivo drone ambient degli stessi VipCancro, la simbiotica interazione improvvisativa con l’acustica ambientale di Enrico Malatesta e Luciano Maggiore, il post-free stilizzato e disarticolato del quartetto Baldini-D.ci-Lucchesi-Ricci, il minimalismo concettuale dei soundscape glitch ambient di Giovanni Lami, i nastri trattati e l’inquietante “psichedelia occulta” di Simon Balestrazzi, il liquido ed exotico jazz-core elettronico del trio Umanzuki, le sibilanti e oscure evocazioni post-industrial-minimaliste di Gianluca Becuzzi,le crepitanti rielaborazioni digitali di materici “dischi preparati” di Andrea Borghi, l’eterea e sofisticata interazione tra computer e cassa armonica del contrabbasso di Michele Spanghero, i cluster micro-melodici indeterminati e fluttuanti di Star Pillow. Sono felice, in qualità di versiliese e veterano sostenitore della sperimentazione acustica, di essere stato chiamato a introdurre la rassegna Suono Prossimo, in apertura dei concerti e qui su [dia•foria.

Vittore Baroni

 

Intervista a David Lucchesi

Intervista a Umanzuki

Umanzuki è un collettivo artistico che studia il lato primordiale dell’ uomo e il fascino della spiritualità occidentale. Ci siamo trovati a condividere una memoria collettiva molto forte. La nostra musica è una serie di esperienze legate “appunto” al concetto d’intimità e suono. A livello performativo questa attitudine si traduce e si esprime in un rituale collettivo. La sperimentazione può essere considerata tale, se è assolutamente priva di ogni forma di rimando al pensiero dominante e ad ogni suo aspetto .Questo tipo di ispirazione porta all’isolazionismo e alla controcultura. Presumo si tratti di stimoli. E per quanto riguarda il nostro progetto tali stimoli andrebbero in conflitto con il nostro modo di esprimerci .

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Multiversi. Parole Suoni Gesti (Pisa, 18-20/09/15)

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Dopo la torrida e impegnativa estate e prima di un approfondimento sulle nostre due ultime pubblicazioni (Fabio Teti – spazio di destot e Peter Carravetta – Sulla rivoluzione incompiuta di Pasolini), siamo lieti di annunciare la partecipazione di [dia•foria all’interessante e meritoria iniziativa progettata da Fabrizio Bondi e Paolo Gervasi: 

 

Multiversi. Parole Suoni Gesti

(Pisa, Cinema Teatro Lux, 18-20 settembre 2015)

 

 

Riportiamo di seguito le parole degli organizzatori sul tenore della manifestazione:

“Una rassegna sulle scritture ad alta voce.
Periodicamente si rinnovano le lamentazioni sulla morte dell’arte, della letteratura, del teatro, della poesia. Ma da questi proclami pieni di rancore e stanchezza emerge soprattutto che l’idea della fine rappresenta un alibi. Un modo per sottrarsi all’ascolto del presente e della sua complessità. 
Niente di ciò che conosciamo sarà più come prima, è vero. Sembra la fine del mondo. Ma non è la fine del mondo. Il mondo non sta per finire, e non finirà la sua volontà di esprimersi. Anziché chiudersi, il mondo si sta spalancando: il vecchio universo comincia a starci stretto, e ci salveremo solo migrando verso gli universi paralleli che sapremo immaginare. 
Di fronte alla ripetitività di una fine che non smette mai di finire, siamo convinti che l’unico modo per tenere in vita la poesia sia farla accadere. Continuando a scriverla, a leggerla, e a pronunciarla ad alta voce. Continuando a convocare la comunità di chi vuole ancora ascoltarla, e utilizzare il proprio corpo come una cassa di risonanza. 
Per questo insieme al Teatro Lux e all’associazione The Thing abbiamo immaginato la rassegna «Multiversi. Parole Suoni Gesti». Tre giorni di poesia, musica, teatro, e corpi in risonanza. Per continuare ad ascoltare il presente e le sue possibilità. Per sopravvivere alla fine del mondo, con le orecchie bene aperte.

Multiversi img

Programma

Venerdì 18 settembre

18.00 Selena Simonatti, chitarra e voce; Stefano Perfetti, chitarra, Segreta voce dell’amore oscuro. Versi in musica dai sonetti di Federico Garcia Lorca

19.30 Andrea Inglese e Stefano Delle Monache, Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, installazione sonora / reading

21.00 I Sacchi di Sabbia, Grosso guaio in Danimarca, spettacolo teatrale

 

Sabato 19 settembre

18.00 [dia•foria rivista: diverse forme di sperimentazione + Fabio Teti, spazio di destot, reading. Con interventi di Daniele Poletti e Simona Menicocci

Fabio Teti

Fabio Teti

 

 

Presenteremo l’attività di [dia•foria con qualche anticipazione e “spazio di destot” di Fabio Teti, libro che ha inaugurato in maggio la collana di scrittura sperimentale “floema – esplorazioni della parola”. Esperienza nata in rete e per la rete floema è una costola dell’attività di [dia•foria che si prefigge di investigare lo stato attuale, ma anche remoto della ricerca letteraria. Oggi finalmente questo progetto si è concretizzato nell’antico libro di carta.
Sarà presente anche la poetessa e scrittrice Simona Menicocci che approfondirà gli stati di fruizione di destot.

 

19.30 Patrizia Valduga, Dizione poetica

21.00 Gabriele Frasca, Quarantena, reading di testi editi e inediti

 

Domenica 20 settembre

18.00 Matteo Pelliti, Dal corpo abitato. Case, corpi, traslochi, reading e anteprima dell’audiolibro Dal corpo abitato, in uscita per luca sossella editore

19.30 Alessandro Fo, Portavoce di Virgilio: una nuova Eneide in esametri italiani, letture e note di traduzione

21.00 Sfoghi d’artificio – un reading di e con Luigi Socci (materiali verbali, occhialini 3D, clava di gomma e petofono)

 

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Fabio Teti è nato a Castel di Sangro (AQ) il 17/12/1985. Vive e lavora a Roma, dove nel 2012 si è laureato in Lettere Moderne con una tesi sulla poesia di Giuliano Mesa. È stato redattore di «gammm.org» e «puntocritico.eu»; collabora, dalla fondazione, alle attività di «eexxiitt.blogspot.com». Suoi testi sono comparsi in diverse riviste, lit-blogs e web-zines tra cui «Semicerchio», «Nazione indiana», «L’Ulisse», «Allegoria», «alfabeta2», «l’immaginazione». In traduzione inglese, è presente sul «Journal of Italian Translation» (2012) e nell’antologia online «FreeVerse – Contemporary Italian Poetry» (2013); in traduzione franscese, in «Nioques» (2015). Nel 2013 ha pubblicato, all’interno del volume antologico Ex.It. 2013. Materiali fuori contesto (Tielleci, Colorno), le prose di sotto peggiori paragrafi e, per La Camera Verde di Roma, b t w b h  (frasi per la redistribuzione del sensibile), uno dei cui testi è stato esposto, nel maggio 2014, al MACRO di Roma, nell’ambito della mostra collettiva se il dubbio nello spazio è dello spazio, a cura di Nemanja Cvijanović e Maria Adele Del Vecchio.

SUONO PROSSIMO – terzo e ultimo appuntamento

Sabato 7  marzo si conclude la rassegna di arti sonore

SUONO PROSSIMO

A Pietrasanta dalle ore 21.30 presso gli spazi del Chiostro di S. Agostino e alle 23.30 presso Lo Studio

 

 

Gianluca Becuzzi

Gianluca Becuzzi

 

Con questa data si conclude la prima rassegna versiliese di arti sonore SUONO PROSSIMO curata da Lisca RecordsNub Project Space. Il buon successo di pubblico e l’ottimo livello degli artisti invitati lascia sperare in prosieguo per una seconda edizione nel 2016. Nelle prossime settimane compariranno su [dia•foria alcuni contributi fotografici a cura di Silvio Pennesi e le interviste ai musicisti curate da Walter G. Catalano.

In questo appuntamento suoneranno nella sala dell’Annunziata, Chiostro di S. Agostino: Gianluca BecuzziAndrea Borghi, Michele Spanghero. Presso Lo Studio si esibirà Star Pillow.

 

 

GIANLUCA BECUZZI

Gianluca Becuzzi (1962, Piombino) è un compositore elettroacustico / elettronico e sound artist attivo dalla prima metà degli anni 80. Ha pubblicato molti album e suonato dal vivo in giro per l’ Europa nel corso degli ultimi tre decenni, sotto vari nomi. Dal 1999, la sua produzione artistica è caratterizzata da una forte impronta sperimentale, dall’interesse per le possibilità espressive offerte dalle tecnologie e da una chiara propensione estetica verso forme astratte e micro/macro rumori /suoni. Si occupa di composizione elettronica/elettroacustica, sound art, ambienti post-scorins e sound design. Le relazioni tra arte e scienza, tra audio e forme spaziali visuali, non ché tra composizione e processi auto generativi rappresentano i temi principali della sua ricerca sonologica. Tra le produzioni artistiche degli ultimi anni, oltre ai lavori sperimentali a suo nome, sono da menzionare anche i suoi progetti solisti come Kinetix, gli album in duo con Fabio Orsi, il progetto elettro-post-punk Noise Trade Company e le produzioni harsh-power-noise come Greyhistory, oltre a diverse altre collaborazioni con musicisti, compagnie teatrali e videoartisti dell’ area sperimentale.

 

Andrea Borghi

 

ANDREA BORGHI

Andrea Borghi è attivo in campo musicale dal 1995. Inizia suonando il basso poi estende la sua ricerca alla Sound Art e alle Istallazioni Sonore. Il suo lavoro si focalizza sull’utilizzo del software Max con il quale costruisce una patch, elaborata nel corso degli anni, per il trattamento del suono in tempo reale, e si esibisce in contesti audio-visivi. Nel 2002 realizza QUAALUDE in collaborazione con Dino Bramanti (1969-2008). E’ membro del quartetto di improvvisazione elettroacustica VipCancro e collabora stabilmente con l’etichetta Liscarecords. Il suo lavoro è documentato attraverso produzioni su etichette musicali internazionali come And/OAR (USA) Spectropool (USA) Reductive (ESP) Observatoire (RU) Cypher Production (AUS) SQRT(PL). Lavora come insegnante.

borghi74aa.blogspot.it

 

 

Michele Spanghero

Michele Spanghero

 

MICHELE SPANGHERO

Nella performance Desmodrone il contrabbasso smette di essere lo strumento in cui nasce il suono per svolgere essenzialmente il ruolo di cassa armonica. Il gesto tecnico (l’esecuzione sullo strumento ad arco) viene portato al grado zero utilizzando il legno e le corde, senza mai toc- carle direttamente, agendo esclusivamente attraverso la fisica del suono. La performance nasce dalla diffusione di alcune onde sinusoidali che fanno risuonare lo strumento: le vibrazioni del contrabbasso diventano quindi un segnale acustico per il computer che innesca un effetto larsen. La tessitura sonora così si dilata e si stratifica con variazio-ni microtonali e battimenti armonici che entrano in dialogo con l’acustica del luogo.

Michele Spanghero (Gorizia, 1979) artista sonoro e visivo Laureato in Lettere Moderne presso l’Università di Trieste, ha inoltre frequentato seminari di musica, sound design e video making. Il suo interesse attuale è focalizzato sulla musica (come contrabbassista e composi-tore) e sulla sound art, attraverso performance ed installazioni elettroacustiche. Conduce parallelamente un percorso di ricerca e sperimentazione visiva con particolare interesse verso il medium fotografico. Ha esposto e si è esibito in vari contesti internazionali in Italia, Slovenia, Francia, Svizzera, Austria, Repubblica Ceca, Germania, Belgio, Danimarca, Olanda, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia e Stati Uniti d’America. Dal 2007 è resident artist presso la Stazione di Topolò/Postaja Topolove. Nel 2008 ha partecipato ad una residenza artistica di un mese nello studio MoKS a Mooste (Estonia). Ha pubblicato dischi per varie etichette tra cui Palomar Records, Gruenrekorder e MiraLoop.

michelespanghero.com

 

 

Star Pillow

Star Pillow

 

STAR PILLOW

The Star Pillow è un progetto musicale nato da un’idea di Paolo Monti nel dicembre 2007. All is Quiet è il nuovo album, il risultato di una ricerca principalmente interiore, dove l’unico strumento, la chitarra, qui è al servizio di un’urgenza creativa che si scontra con le inquietudini del quotidiano, che ne apprezza le virtù e che crea un’intesa con i demoni che le agitano. Tutto questo crea un movimento stabile, una continua ricerca verso qualcosa che non si mostra mai, ma che alimenta un motore invisibile. Dal movimento nasce una stabilità, dal caos l’ordine, dalla gioia e il dolore dell’esistere la quiete. Tutto ciò di cui si ha bisogno è già qua tra le nostre mani. Si tratta di sapere guardare oltre le nebbie (intese come limiti delle nevrosi umane, incomunicabilità, errori, orrori e perdita di valori del nostro tempo) per potere scorgere qualcosa di più definito. E allo stesso modo, tra le nebbie drone di All is Quiet, è possibile scorgere micro melodie, costruzioni e stratificazioni di un suono che non cerca più un tempo da seguire e nessun riferimento se non quello di ricercare un essenza, non solo musicale. Dietro questa indefinizione di strutture musicali senza criterio compositivo, se non quello della libera forma, si può scorgere una forma, un’apparizione di geometrie minimali vestite di riverberi e feedback che mirano a creare una materia sonora che ha a che fare con emozioni e sensazioni dell’essere umano.

 

 

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info:
nubprojectspace.com
www.liscarecords.com
Centro Culturale Luigi Russo – www.museodeibozzetti.it – 0584795500

 

luoghi:
Chiostro di Sant’Agostino (Sala dell’Annunziata) – Via Sant’ Agostino 1, Pietrasanta
Lo Studio – Piazza Matteotti 39, Pietrasanta

 

 

Prufrock spa | due video inediti + intervista

 

Sul set di mmcd e loomen

Sul set di mmcd e loomen

 

Siamo lieti di presentare per la prima volta due lavori video inediti della compagine Prufrock spa (Luca Rizzatello e Nicola Cavallaro): mano morta con dita (2012) e loomen (2013).
Prufrock spa nasce nel 2005 con la realizzazione di  un album musicale. La trasposizione video di quattro tracce del disco rappresenterà il primo passo verso lo studio dei rapporti tra materia sonora e materia visiva. Nel 2012 Prufrock spa diventa anche editore. (Maggiori dettagli si possono apprendere dall’intervista o sul sito a questa  pagina).
Il progetto Prufrock spa rimane comunque molto legato agli aspetti sonori e musicali tale che, come logico completamento  e sviluppo dell’esperienza video-sonoro-poetica, è nato NUMBERS, progetto sonoro di tendenza electronic tech house che ricorda a tratti certe sonorità dei Techno Animal, ma anche del Bill Laswell più ambient.

 

In quest’ultimo dei luoghi d’incontro

di Walter G. Catalano

Esiste uno spazio lasciato libero dall’assenza di suoni in mmcd, fra gli 11 frammenti della durata di 1’ e 12”, che risulta funzionale per l’analisi del corpo video-poetico. La camera che scorre nel silenzio diviene funzione catalizzatrice di attribuzioni simboliche. I solchi che variano di spessore, curvatura e misura divenendo forme soggette a proiezioni, sono assimilabili al lavoro del caleidoscopio che crea nuove sfaccettature degli elementi trasposti, crea un linguaggio ambiguo che diviene l’anima di entrambi i lavori e linguaggio soggettivamente decifrabile.
Il carattere glaciale della fotografia in particolar modo in  loomen perturba gli oggetti che alimentandosi dell’ambiente circostante, tracciano, ancora, solchi nella polvere. Il ricorrere delle tracce è il ripetersi delle deformazioni della vita.
La sperimentazione di materiali naturali fossilizzati dal tempo si unisce alla ricerca del bizzarro e del fantastico: la voce di Luca in mmcd amplifica l’emergere delle figure dalla superficie dotandole di un meccanismo motorio che le spinge freneticamente fuori video, loomen è invece direttamente proporzionale alla ricchezza della solitudine che risulta essere ospite d’onore in un complesso rituale di incontri, dove i vari soggetti interagiscono senza toccarsi in un’orchestrazione magnificamente inanimata.

 

Privati della vista, a meno che
Profumano l’uno dell’altro
O tu che giri la ruota e guardi nella direzione del vento
Oh no, sono io ad esser fatuo
Vattene a grattare il fango dalle rughe e dalla faccia
L’esercito della legge inalterabile
Ma io vi dico che un gatto deve avere un nome tutto suo,
Si pensa a tutte le mani
Né ad alcuno di noi venne il pensiero
Il rumoroso (essendo i bar aperti fino a mezzanotte),

e c’è una fede per tutti

***[Componimento formato da 11 versi tratti da altrettante poesie di T.S. Eliot, seguendo la struttura di mano morta con dita, 11 blocchi di 1’ e 12” ciascuno. Le poesie sono state lette con velocità variabili e a un 1’ e 12” è stato estratto il verso da utilizzare. Omaggio al lavoro di Prufrock spa]

 

 

Intervista a Luca Rizzatello e a Nicola Cavallaro (Prufrock Spa) 

a cura di Walter Catalano

 

1) Parlaci del progetto Prufrock Spa, l’origine del vostro nome, il legame con Eliot.
L: Il nome Prufrock spa è uscito per la prima volta nella primavera del 2006; Alice Chinaglia, Nicola e io eravamo nella biblioteca di Costa di Rovigo, a registrare le voci per una canzone intitolata Shahrzād re-tell-me. All’epoca vivevamo tutti e tre a Costa di Rovigo, adesso nessuno dei tre. Il passaggio da progetto musicale a laboratorio di videoarte è avvenuto qualche tempo dopo, con l’occasione di realizzare prima i videoclip delle canzoni dell’album di cui sopra, poi delle videoinstallazioni a supporto di letture di testi di poesia. Nel 2012 è cominciato il progetto mano morta con dita, nella forma di libro con poesie + incisioni e quindi di videoinstallazione con la lettura integrale dei testi; l’assenza o il fraintendimento di qualsiasi riferimento a un’identità definitiva, centrale nella costruzione dei testi e delle incisioni, è stata riportata nella produzione della videoinstallazione, tanto per il flusso video quanto per quello sonoro, lasciando a ciascuno la facoltà di individuare dei punti di riferimento, e quindi di orientarsi nell’informe. In qualche modo queste sono state le premesse per la costruzione della videoinstallazione loomen, del 2013, in cui il medesimo studio sulla definizione dell’identità eccetera è stato affrontato con la tecnica stop motion, animando utensili totalmente comprensibili, ma non totalmente riconoscibili. Il legame con Eliot credo derivi dal nostro gusto modernista, che di fatto è riscontrabile in tutti i lavori realizzati. In conclusione, rispondendoti senza tema d’infamia, citare un verso di The love song of J. Alfred Prufrock sarebbe fare un torto ai versi non citati; Spa invece sta per stazione termale.

2)  mano morta con dita: hai sentito l’esigenza di una rappresentazione della poesia oppure hai iniziato a scolpire l’idea da un unico nucleo video-poetico?
N: Il nucleo di partenza del flusso video sono le stampe calcografiche a puntesecca su rame da me realizzate nel 2004-2005, scelte poi nel 2012 e accoppiate ai testi per la pubblicazione del libro. Da un punto di vista della tecnica di animazione ho voluto utilizzare undici diversi approcci esecutivi ed espressivi, in modo che gli episodi della durata di 1’ e 12” avessero una loro precisa identità. La profonda analisi della scansione digitale delle stampe mi ha quindi permesso di cercare e scorgere nel tessuto grafico le forme, i segni e i simboli che potessero assurgere al ruolo di interpreti o di evocatori delle vicende e atmosfere dei testi.

3) L’orrore che si cela sotto il manto del quotidiano: l’importanza del perturbante e/o dell’attività onirica e del sogno lucido nel tuo lavoro.
L: Il perturbante e l’attività onirica non sono particolarmente rilevanti nel mio lavoro, ma lo sono nella mia esistenza. Invece l’orrore inteso alla maniera di Heart of Darkness credo sia decisamente produttivo, nel mio lavoro, ma molto meno nella mia esistenza. Credo che la questione stia nella facoltà di riuscire a contemplare a un tempo tutte le variabili in campo, o analogamente di contemplare un’unica variabile da tutti i punti di vista praticabili.
N: Da sempre nel mio lavoro ho cercato di cogliere e sfruttare la realtà e lo stato delle cose, degli oggetti e dei materiali così come sono arrivati a me. Ho sempre voluto sfruttare questi incontri. E tendo sempre più a semplificare e a ottimizzare le risorse a disposizione. Il mio processo ideativo e realizzativo è quindi caratterizzato da una serie di processi di filtraggio visivo e di analisi funzionale delle possibilità espressive che i materiali da me recuperati possono esprimere. È quindi un lucido lavoro diurno.

4) Sempre relativamente a mano morta con dita potremmo parlare di un fenomeno completamente nuovo: la cine-differenziazione cellulare il cui esito è rappresentato dai personaggi che nascono dalle superfici/palcoscenico. Vorrei che ci parlassi dell’uso dei materiali, della post-produzione e dei mezzi tecnici usati.
N: Prima di parlare dell’intervento per il flusso video è necessaria una breve parentesi riguardo l’origine del materiale di partenza dal quale tutto è partito. Le lastre da me incise erano in passato scarti della lavorazione delle grondaie. Una tipologia di pre-traccia insita nelle lastre (oltre alle ossidazioni e ai segni-graffi che il caso ha depositato sulle loro superfici) erano le piegature che il foglio di rame aveva in sé per fungere da scolo. Ogni lastra che raccoglievo veniva per primo appiattita, resa superficie piana attraverso un intervento di apertura della forma prestabilita. Subiva un cambio di ruolo. Una volta appianata avrebbe perso il compito di contenere e trasportare acqua, acquisendo la capacità di contenere e custodire altre tracce. Questo intervento esterno ha permesso alle pieghe di divenire a loro volta solchi e canali, e rappresentano dunque le tracce più marcate delle lastre: profondi fossi rettilinei che attraversano interamente la sottile lamina. Sulle lastre vi si depositeranno dunque una serie diversificata di interventi, distinti per tipologia di strumento, per intensità di pressione, volontà di gesto e costanza di precisione. Dall’esecuzione e stampa alla scelta per il progetto mmcd sono passati sette anni e  si è creato naturalmente e gradualmente un distacco di tipo emotivo, visivo ed esecutivo: un ulteriore e possibile livello interpretativo e di dialogo. Il non ricordare quasi più come quei segni fossero stati tracciati e con quale pressione e stato d’animo impressi sulle lamine di rame, mi ha portato ad osservare quelle carte – ora mappe – con gli stessi occhi di chi osserva le cose della natura.
Ciò che ha permesso questo cambio di ruolo è la scansione della stampa. Con essa si crea una copia digitale, virtuale, immateriale. Sarà lei ora che si disporrà all’intervento. Potenzialmente riproducibile all’infinito. In realtà analizzabile all’infinito. Modifica fisica e di ruolo. L’elevata risoluzione delle neostampe consente di avere delle immagini più vere degli originali, perché la loro virtuale vastità permette di apprezzare e soffermarsi su particolari che l’occhio umano non può percepire così chiaramente. Sono ora molto più leggibili, più grandi, più percorribili di quando erano trattenuti dalla carta. Nuove parti di quel piccolo lembo di terra che era la stampa possono ora essere visitate prima di tutto dagli stessi elementi che compongono l’immagine. Le regole cambiano e tutto è possibile.  Nell’analizzarle mi accorgevo che ognuna aveva delle possibili chiavi di lettura, degli accessi alternativi alla loro comprensione. Il rapporto è cambiato. L’immagine a monitor si mostrava e si lasciava esplorare in maniera apparentemente passiva. La mia volontà di indagare la stampa era pari alla volontà della stessa di essere osservata. L’entrare visivamente all’interno di quelle rappresentazioni era come accedere concretamente in un luogo che si era solo immaginato. Dovevo intervenire in maniera non invasiva, speravo di poterle manipolare con strumenti invisibili, che non fossero in grado di lasciare tracce del loro passaggio. Ho scelto di farlo con la tavoletta grafica, ossia una penna digitale che mi ha permesso di isolare, ripulire, fondere, copiare e cancellare parti dell’immagine, per poi dislocarle in altre zone, creando dei livelli e gestendoli  come presenze fugaci, permettendo loro di dialogare in altri modi all’interno del nuovo ambiente. Una possibilità, non l’unica. L’intervento grafico/digitale è per alcune stampe molto preciso e accurato, per altre è quasi del tutto assente. È sempre però successivo alla scoperta della chiave di lettura dell’immagine, del modo di raccontare una possibile vicenda, percorso, situazione, mutamento. O alla volontà di una visione più dettagliata e per questo più vera, più emozionale. Con questo triplice intervento (scansione, analisi e modifica) si dà alla stampa – ora file immagine – un nuovo compito. Smette di essere solo un foglio di carta impresso da una matrice inchiostrata – quindi un prodotto –  per divenire lei stessa lastra. Matrice. Da lei si parte per generare un possibile evento che però le appartiene. Il suo ruolo diviene attivo perché collabora alla pari con chi la modifica. Le dense e vellutate arterie di inchiostro che la carta tratteneva con sé ora si liberano, si mostrano più chiaramente, si fanno modificare, decomporre e ricomporre, pulire e ricollocare, analizzare fin nei minimi particolari per poter esprimere pienamente le loro qualità. Sembra una forzatura ma è in realtà una possibilità che queste immagini dovevano avere. Percorsi semplici e naturali che raccontano delle possibilità.

 

mano morta con dita

Supporto tecnico: video hd, b/n
Riprese: Nicola Cavallaro
Script: Nicola Cavallaro, Luca Rizzatello
Musica: Luca Rizzatello
Durata: 14’ 30’’
Anno: 2012

mano morta con dita è uno studio sul nero. oppure è un teatrino dove i personaggi non sono più carne però non sono ancora ombre: sono umori neri. perciò sono spiritati, e spiritosi, e hanno un cuore d’oro. oppure si rovescia un bicchiere con l’inchiostro e si sta ad ascoltare.

mano morta con dita from Prufrock spa on Vimeo.

Approfondimenti su: manomortacondita.wordpress.com

 

 

5) Nelle prime sequenze di mano morta con dita la camera scorre lungo un solco della superficie lignea che potrebbe sembrare anche un solco del neocortex creando un palcoscenico interscambiabile dove i personaggi sono esperibili oltre la vista e l’udito: potremmo parlare di bio-surrealismo?
N: Analizzando sia le stampe che gli episodi video, parlerei di una metafisica dei materiali e delle superfici.  Nell’intervento digitale di animazione si dà alle figure/forme/personaggi la possibilità di dislocarsi negli scenari, di agire in essi, di lasciare il proprio ambiente per vivere altrove. Isolare un particolare e avvicinarsi a esso. Fondere il fronte e il retro di una lastra e scoprirne le luci e le ombre. Stratificare in un’unica inquadratura macropanoramiche di dettagli segnici.  E molto altro. Si manifestano dei cambiamenti e degli eventi che nella visione della stampa erano forse solo immaginabili.

6) I lavori di Mario Giacomelli ti hanno in qualche modo influenzato? Ed anche: i solchi, il senso dell’attesa e Lucio Fontana…
N: Nel 2004, quando iniziai il corso di incisione, l’unica influenza che mi accompagnò in quell’esperienza calcografica furono proprio i segni e le tracce che le lastre di rame già contenevano. Era tutto molto sperimentale, nel senso che io sperimentavo per la prima volta quella tipologia di interventi. Desideravo semplicemente vedere ciò che quelle diverse ferite da me inferte restituivano in stampa. Il mio era un dialogo con le superfici; analizzandole come fossero mappe volevo inserirmi e creare un mio percorso, dove possibile.  Gli interventi che feci poi nel video erano strettamente funzionali a quanto creato in stampa, mi ero dato la regola di sfruttare pienamente le potenzialità di quelle immagini che chiedevano ancora di essere usate, come a suo tempo feci con le lastre.

7) L’apice nel finale d mano morta con dita: l’uovo che è il contenitore della vicenda, in cui si possono individuare elementi simbolici relativi al bene e al male, sembra poi trasformarsi in una bilancia le cui braccia si ritraggono come se volessero rifiutarsi di misurare i comportamenti dei personaggi narrati. È una interpretazione plausibile?
L: Una linea di analisi potrebbe prendere le mosse dalla domanda “cosa è vero?”; credo che il rifiuto di misurare i comportamenti dei personaggi, ovvero di distinguere il bene dal male, si sia imposto come una condizione necessaria per lo svolgimento della narrazione. La tecnica del what if, o alzare continuamente la temperatura stilistica del testo, o l’allestimento di un immaginario dominato da un pensiero laterale, sono le premesse per creare qualcosa di veramente finto, e quindi coerente. Inoltre incartare il pesce nei fogli di giornale non è igienico.
N: Lo è. Nell’ultimo video assistiamo a due dinamiche che sono agli opposti. La presenza di un denso segno che, riprendendo contatto con la chiara superficie che gli apparteneva, per la prima volta la percorre e la vive in quel modo, permeàndo nuovamente quegli spazi. Di contro abbiamo due segni molto più leggeri che nel finale si ritirano e lasciano quegli spazi, come se non accettassero la loro condizione. Nella stampa erano fissi e immutabili. Ora non più. Sono due azioni diverse ma che hanno il valore della possibilità, della scelta. Possono dunque rappresentare due comportamenti. Il primo segno lentamente manifesta e concretizza l’intera tensione accumulata sino a quel punto, rientrando in scena per risalire fino a penetrare l’uovo, mentre al suo fianco altri due segni si congedano.

8) Il doppio che si ritrae è ricorrente in entrambi i lavori, in  loomen è presente una sequenza con due bastoni che a intermittenza escono da due buchi, in mano morta con dita il finale, già citato sopra, qual è il legame?
N: Lavorare col doppio crea interessanti possibilità di dialogo. È un confronto che nell’alternanza crea ritmo e movimento, incertezza e diversità. I protagonisti possono rimanere o andarsene. In loomen ci si aspetta che prima o poi un bastone esca e ci tocchi, o che prosegua all’infinito. Mentre in mmcd la piana condizione dei piccoli segni sembra farli svanire per sempre nella fitta texture che li contiene.
L: Il doppio che si ritrae, che abbiamo tentato di ritrarre, si è presentato anche in fase compositiva. In mmcd i video sono stati realizzati a partire dalle musiche, invece in loomen è avvenuto il contrario. Il solo fatto di dover sincronizzare video su audio oppure audio su video impone al sincronizzatore restrizioni di tipo differente, e quindi soluzioni stilistiche differenti; questo è l’unico elemento di parziale aleatorietà che ci siamo concessi. Nello specifico: la traccia audio che accompagna la scena dei bastoni è stata prodotta utilizzando come materiale ritmico i campionamenti di uno schiocco di dita e di un foglio di carta che si strappa, entrambi associabili alla parola snap, e probabilmente non è un caso se in quella sequenza si trova l’unico concetto espresso verbalmente, che appartiene a Franz Kafka. 

9) In  loomen  i personaggi non mutano anche se si muovono in complesse coreografie, avete voluto ribaltare il concetto di metamorfosi degli oggetti, focale in autori come Svankmajer e Brothers Quay?
N: Nel video il nastro di piombo evolve e acquisisce consapevolezza delle proprie capacità attraverso il movimento, l’azione. Il rotolare gli permette di percepirsi e percepire lo spazio attorno a lui. Gli oggetti/personaggi che incontra sono anch’essi coerenti con la propria struttura e con le proprie possibilità, sono funzionali e perciò acquisiscono una naturalezza che appartiene agli esseri viventi, una vivacità e una vitalità che li rende evoluti e coordinati.

10) Fin dai primi attimi di visione di  loomen ho associato il senso del ritmo che ne emerge al balletto classico. Alla fine del video, in una sequenza veramente emozionante, i mattoncini si esibiscono in una coreografia: c’è dunque qualche attinenza con la danza?N: Esiste in quanto sono degli oggetti/corpi che si muovono e agiscono in uno spazio, e lo fanno mostrando le loro potenzialità. La stop motion ne aumenta la fluidità dei movimenti e ne accentua le dinamiche. Il ritmo che si può percepire è paragonabile alla frequenza del battito, del respiro e della pressione che permette le loro minime o complesse evoluzioni all’interno delle due stanze.

 

loomen

Supporto tecnico: video hd, b/n
Riprese: Nicola Cavallaro 
Script: Nicola Cavallaro, Luca Rizzatello 
Musica: Luca Rizzatello
Durata: 11’ 36’’
Anno: 2013

loomen è una storia di frontiera e poi di detenzione e poi di redenzione. ma è anche un romanzo di informazione sulla gravità e sulla vita agra del piombo, che è tossico e ha peso specifico 11.34 e non potrà mai tramutarsi in oro. loomen è non un burattino di legno, non un taglialegna di latta: è un nastro nascente.

loomen from Prufrock spa on Vimeo.

 

Quattro tavole preparatorie per loomen -1

Quattro tavole preparatorie per loomen -1

Quattro tavole preparatorie per loomen -2

Quattro tavole preparatorie per loomen -2

 

 

 

 

 

 

 

 

Quattro tavole preparatorie per loomen - 4

Quattro tavole preparatorie per loomen – 4

Quattro tavole preparatorie per loomen - 3

Quattro tavole preparatorie per loomen – 3

 

 

 

 

 

 

 

 

11) Parliamo sempre di loomen , pare ci sia l’intenzione di sviluppare il concetto di diversità. Dall’astrazione si afferrano immagini che (mi) riportano a individui claudicanti, freak e nani; questi ultimi mi hanno poi ricondotto al testo di mano morta con dita

L: I testi di mmcd a un certo grado di lettura potrebbero rimandare alle suggestioni offerte da un bestiario, in cui le anomalie vengono considerate una risorsa, e come tali messe sul piedistallo. Va detto che tra le tesi di fondo di mmcd non sono pervenute quelle per cui A. siamo tutti speciali a modo nostro, tantomeno quelle per cui B. le sofferenze/gli sbagli aiutano a crescere. Nessuno dei personaggi del libro è quello che dice di essere/che dicono sia, ma questo gioco delle parti non è mai frutto di strategie sociali o di esercizi carismatici: banalmente ciascun personaggio è sprovvisto degli strumenti per poter agire nel mondo, nel modo in cui vorrebbe o nel modo in cui vorrebbero; ma complessivamente tutto ciò non è rilevante, come del resto non sarebbe rilevante il contrario, perché nessun personaggio comunica con nessun altro personaggio.
N: Come un alieno catapultato all’interno di due piccole stanze quadrate collegate da un ponte, l’iniziale tubo di piombo aggrovigliato prende fin da subito consapevolezza delle proprie possibilità e capacità. È già attivo prima ancora di accorgersi dove si trova. Apparentemente limitato da un corpo pesante e nastriforme egli appare in grado di vivere e analizzare il nuovo ambiente che lo circonda e di far fronte a ciò che la realtà gli propone. Il contatto con un altro oggetto diverso da lui (la molla arrugginita di una tapparella) gli permette di scoprire una nuova potenzialità che il suo corpo possiede. È il superamento di un limite.

12) Quanto la psicodinamica delle relazioni familiari c’entra con il testo poetico di mano morta con dita? E perché hai preferito recitare tu la poesia?
L: In mmcd il nucleo familiare padre+madre+figlia è un organismo scarsamente funzionale ai margini di un ecosistema imploso; posto che continuano a non valere i punti A. e B., ciò che ne consente la sopravvivenza dentro e fuori sono la gestione oculata del rimosso, l’intelligenza anafettiva, l’istinto clientelare. I personaggi esterni alla famiglia (es. il nano, la stagista, l’analista, la spolveratice, …) sono variamente relati, nove volte su dieci per ragioni disdicevoli, e nessuno ha familiarità con le relazioni. Tradizionalmente i miei testi vengono letti da un vocal reader, ma in questo caso ho ritenuto opportuno farli leggere da me per evitare che la dizione glaciale di un software contribuisse a confermare l’opinione secondo la quale mmcd sia un libro pervaso di ironia; mmcd non è un libro ironico, se chi lo legge decide di utilizzare tale stratagemma per normalizzarne i contenuti, posso comprenderlo, ma è un altro campionato.

13) Caos e ordine si alternano in entrambi i video e pur avendo due chiuse che segnano il ristabilimento della quiete e della simmetria del symbolon, si ha l’impressione di una forte entropia che si è accumulata nello scorrere dei minuti. In tutto questo quali funzioni hanno il testo poetico, la musica e il bianco e nero?
L: Avendo i testi di mmcd una forte impronta allegorica, cose e segni potrebbero confondersi, invitando chi legge a un esercizio di ordinamento individuale; l’assenza di nomi propri, o di dettagli connotanti, o di punteggiatura, si muove nella stessa direzione. La musica in entrambi i casi è stata concepita come un flusso unico, in senso narrativo, con riprese e decostruzioni; in mmcd il riferimento principale è la drone music, perché nel racconto tutto procede per scarti minimi, all’interno di una dimensione circolare, di tempo sospeso, o infinitamente replicabile; molte parti sono state eseguite e poi rallentate in postproduzione, un po’ come accade quando si rivivono mentalmente gli inciampi dell’appuntamento galante occorso la sera prima. Invece in loomen [CONTIENE SPOILER] l’ambientazione sonora è stata originata dalla mia interpretazione della storia non detta del protagonista, che mi figuro essere una forma aliena in avanscoperta sul pianeta Terra. Perciò tutta la musica che si sente dovrebbe essere la musica che il protagonista ha nella sua testa, in altri termini il suo linguaggio, che progressivamente viene contaminato dai linguaggi dell’ambiente ospite, che risulta essere assai ostile e deformante.
N: I due video nella mia testa non sono ancora chiusi. Il progetto mmcd era ed è aperto a molte contaminazioni e reinterpretazioni, sia nel testo che nel comparto audio video. Le stampe hanno a mio avviso un potenziale che ho in più versioni sfruttato e analizzato, e credo riusciremo a fare altri lavori con una loro solidità e identità. L’entropia che si avverte è proprio dovuta a questa sensazione di continuità che le opere trasmettono, come se ci fosse ancora molto da dire e mostrare. Gli episodi brevi permettono di creare un mosaico interscambiabile che, assieme al bianco e nero, annullano una reale progressione temporale ed emozionale ad un livello esteriore e superficiale. Ciò permette ai simboli e alle atmosfere di penetrare e radicare nello spettatore, che può così tentare di ricomporne la struttura, una ulteriore trama.

 

Prufrock spa - logo

Prufrock spa – logo

 

Luca_RizzatelloLuca Rizzatello

Nato a Rovigo nel 1983. Nel 2005 fonda con l’artista Nicola Cavallaro il laboratorio Prufrock spa, producendo un album musicale (Albus, -a, -um) e videoinstallazioni per reading poetici. Dal 2004 è giurato e coordinatore del Premio letterario Anna Osti di Costa di Rovigo. Nel 2007 pubblica il libro Ossidi se piove (Valentina Editrice). Nel 2008 entra a far parte della giuria del concorso di poesia bandito dall’Associazione Culturale Tapirulan, patrocinato dall’Università degli studi di Parma, e cura la raccolta antologica Grilli per l’attesa – Una riscrittura di Pinocchio (Valentina Editrice), versione libresca del progetto di riscrittura per ambienti Make it Happening, elaborato con frederico f. (Father Murphy, St. Louis & Lawrence Books). Dal 2009 cura la rassegna Precipitati e composti, per la promozione del rapporto tra composizione poetica e composizione musicale. Collabora con il portale Poesia 2.0, con la rubrica tigre contro grammofono. Nel 2012 pubblica il libro mano morta con dita (Valentina Editrice), e fonda le Edizioni Prufrock spa.

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Nato nel 1982 a Rovigo, nel 2008 si laurea con lode in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia con una tesi su Oskar Fischinger. Nel 2005 inizia a fondere la pittura, l’incisione, la fotografia e la passione per i materiali di recupero in un unico mezzo espressivo: il video di animazione realizzato con tecniche tradizionali. Nello stesso anno fonda con Luca Rizzatello i Laboratori Prufrock spa, dove gran parte del suo lavoro incontra parole e musica. Apprende e sperimenta numerose tecniche di animazione con le quali realizza videoclip, cortometraggi, videoinstallazioni per reading poetici e booktrailers.

 

 

 

 

 

SUONO PROSSIMO – secondo appuntamento

Sabato 21  febbraio continua la rassegna di arti sonore

SUONO PROSSIMO

A Pietrasanta dalle ore 21.30 presso gli spazi del Chiostro di S. Agostino e alle 23.30 presso Lo Studio

 

 

Giovanni Lami

Giovanni Lami

 

Continua la rassegna di arti sonore SUONO PROSSIMO curata da Lisca RecordsNub Project Space. In questo appuntamento suoneranno nella sala dell’Annunziata, Chiostro di S. Agostino: Giovanni Lami, Simon Balestrazzi. Presso Lo Studio si esibirà Umanzuki.

 

GIOVANNI LAMI

Mema verma è uno studio mirato all’utilizzo acustico completo di un solo strumento, unito al processing digitale del materiale registrato: uno shruti box con intonazione più bassa rispetto ai tradizionali indiani è principalmente usato senza emettere alcuna nota, ma campionando l’elaborazione dei soffi, dei fischi e rumori generati dalle ance e dal corpo stesso.
L’evoluzione all’interno delle tracce che compongono il lavoro è come una metamorfosi della stessa idea, dove il suono è sempre più rarefatto, perdendo gradualmente la connotazione concreta, spezzata e incerta iniziale fino a diventare un drone quasi statico. Il nome stesso del lavoro è una sorta di “grammelot” in sanscrito, riflettendo così ancora una volta sull’approccio al mezzo/strumento, trattato in modo molto diverso dal suo uso tradizionale.
Giovanni Lami (1978) è un field recordist e musicista che lavora all’interno del soundscape, della ricerca elettroacustica e della sound-ecology.
Dal 2009 con i suoi diversi progetti ha suonato tra gli altri al: Conservatorio B.Maderna (Cesena), DalVerme (Roma), Mu.Vi.Ment.S. Festival 2010 (Itri), Fondazione Giorgio Cini (Venezia), Festival C/off (Faenza), Schiume Festival (Venezia), Kernel Festival (Desio), NerosuBianco (Cesena), Tagofest VI (Massa), Florence Live Looping Festival (Firenze), Flussi2011 (Avellino), Spazio Elastico (Bologna), Barbur Gallery (Jerusalem), Rogatka (Tel Aviv), The Zimmer (Tel Aviv), Kreuzberg Pavillon (Berlin), Homework Festival (Bologna), Ravenna Festival (Ravenna), Teatro Fondamenta Nuove (Venezia), KNOT Gallery (Athens), Les Yper Yper (Thessaloniki), The Bee’s Mouth (Brighton), CafeOTO (London), HanaBi (Ravenna), Teatro Moderno (Agliana), O’ (Milan), Störung Festival (Barcelona), Quiet Cue (Berlin), Macao (Milan).
Laureato in Scienze e Tecnologie Alimentari all’Ateneo di Bologna ed in Fotografia allo IED, come fotografo ha realizzato esposizioni collettive e personali nazionali edestere, tra le altre, a Ravenna, Modena, Genova, Roma, Acireale, San Sebastian – Spagna, Dhaka – Bangladesh, ha partecipato ad un paio di residenze artistiche (Norvegia e Paesi Baschi), pubblicato libri e lavorato con diverse realtà commerciali.
L’approccio verso la materia sonora è lo stesso messo in pratica nel passato in fotografia, utilizzando principalmente registrazioni ambientali (field recordings) e segnali processati in tempo reale; l’universo infinito di suoni che ogni giorno ci circonda e la loro manipolazione è la base del suo modus operandi, affiancato allo studio delle superfici risonanti sul campo e alla ricerca multispeaker. Nel 2011 entra a far parte di AIPS (Archivio Italiano Paesaggi Sonori).

giovannilami.wordpress.com

 

Simon Balestrazzi

Simon Balestrazzi

 

SIMON BALESTRAZZI

Simon Balestrazzi è un compositore elettronico/elettroacustico e sound artist attivo dagli anni 80.
E’ fondatore e membro della band di culto italiana T.A.C. (Tomografia Assiale Computerizzata). Attualmente lavoro come solista e con il duo sperimentale Dream Weapon Ritual (con Monica Serra), Candor Chasma (con Corrado Altieri), Sarang (con Enrico Marani) e Resonance Behaviour (con Andrea ‘Ics’ Ferraris) e con l’ ensemble di improvvisazione A Sphere Of Simple Green (con Adriano Orrù e Silvia Corda).
Ha suonato dal vivo o registrato con i seguenti musicisti e gruppi: Paolo Angeli, Gianluca Becuzzi, Maurizio Bianchi/MB, Bron Y Aur, Mattia Coletti, Sylvie Courvoisier, Bruno Dorella e Stefania Pedretti (OvO), Max Eastley, Forbici Di Manitù, Gerstein, Henning Frimann, Hermetic Brotherhood Of Luxor, Tim Hodgkinson, Xabier Iriondo, Dalila Kayros, Kind Of Cthulhu, Limbo, Magnetica Ars Lab, Elio Martusciello, Metaform, MS Miroslaw, Ikue Mori, Clara Murtas, Phill Niblock, Victor Nubla, Alessandro Olla, Plasma Expander, Maja Ratkje, Jared Russell, Daniele Santagiuliana, Mauro Sciaccaluga, Damo Suzuki, Testing Vault, TH26, Thelema, Uncodified, Vipcancro, Giorgio Vivaldi e Z’EV.

soundcloud.com/simon-balestrazzi

 

 

Umanzaki

Umanzuki

 

UMANZUKI

Partiti come trio jazzcore, passati attraverso il mix di psichedelia e free jazz elettrico del loro secondo ep, Sonic Birds, gli UMANZUKI oggi spiazzano tutti e con il loro nuovo album, Tropical Nature of Tiaso, dissolvono definitivamente gli ultimi scampoli rock in una lunga improvvisazione scintillante di sottilissime variazioni elettroniche, suoni languidi e liquidi, ritmiche sintetiche ridotte all’osso e melodie lontane, per un disco che suona come un’ isola tropicale su cui è improvvisamente calato un buio profondissimo. Già al lavoro su un nuovo lp, gli Umanzuki ascoltano ed assimilano in maniera onnivora e sono la band giovane, avventurosa e credibile che aspettavamo.
Hanno da poco pubblicato il loro ultimo disco “Tropical Nature Of Tiaso” in cassetta per la Lemming Records,
considerato per alcuni degli addetti ai lavori tra i migliori dischi pubblicati nel 2014.

umanzuki.bandcamp.com

 

 

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info:
nubprojectspace.com
www.liscarecords.com
Centro Culturale Luigi Russo – www.museodeibozzetti.it – 0584795500

luoghi:
Chiostro di Sant’Agostino (Sala dell’Annunziata) – Via Sant’ Agostino 1, Pietrasanta
Lo Studio – Piazza Matteotti 39, Pietrasanta