Colloquiale n°6 con Marco Giovenale

Su  f l o e m a – esplorazioni della parola un’intervista video a Marco Giovenale su scrittura di ricerca e sperimentazione, più un approfondimento critico dello stesso Giovenale sempre in forma di intervista. Arricchiscono l’articolo alcuni lavori di scrittura asemica e il testo white while (Gauss PDF, 2014).

Buona lettura e buona visione a questo indirizzo:

https://www.diaforia.org/floema/2015/02/26/colloquiale-n6-con-marco-giovenale/

Prufrock spa | due video inediti + intervista

 

Sul set di mmcd e loomen

Sul set di mmcd e loomen

 

Siamo lieti di presentare per la prima volta due lavori video inediti della compagine Prufrock spa (Luca Rizzatello e Nicola Cavallaro): mano morta con dita (2012) e loomen (2013).
Prufrock spa nasce nel 2005 con la realizzazione di  un album musicale. La trasposizione video di quattro tracce del disco rappresenterà il primo passo verso lo studio dei rapporti tra materia sonora e materia visiva. Nel 2012 Prufrock spa diventa anche editore. (Maggiori dettagli si possono apprendere dall’intervista o sul sito a questa  pagina).
Il progetto Prufrock spa rimane comunque molto legato agli aspetti sonori e musicali tale che, come logico completamento  e sviluppo dell’esperienza video-sonoro-poetica, è nato NUMBERS, progetto sonoro di tendenza electronic tech house che ricorda a tratti certe sonorità dei Techno Animal, ma anche del Bill Laswell più ambient.

 

In quest’ultimo dei luoghi d’incontro

di Walter G. Catalano

Esiste uno spazio lasciato libero dall’assenza di suoni in mmcd, fra gli 11 frammenti della durata di 1’ e 12”, che risulta funzionale per l’analisi del corpo video-poetico. La camera che scorre nel silenzio diviene funzione catalizzatrice di attribuzioni simboliche. I solchi che variano di spessore, curvatura e misura divenendo forme soggette a proiezioni, sono assimilabili al lavoro del caleidoscopio che crea nuove sfaccettature degli elementi trasposti, crea un linguaggio ambiguo che diviene l’anima di entrambi i lavori e linguaggio soggettivamente decifrabile.
Il carattere glaciale della fotografia in particolar modo in  loomen perturba gli oggetti che alimentandosi dell’ambiente circostante, tracciano, ancora, solchi nella polvere. Il ricorrere delle tracce è il ripetersi delle deformazioni della vita.
La sperimentazione di materiali naturali fossilizzati dal tempo si unisce alla ricerca del bizzarro e del fantastico: la voce di Luca in mmcd amplifica l’emergere delle figure dalla superficie dotandole di un meccanismo motorio che le spinge freneticamente fuori video, loomen è invece direttamente proporzionale alla ricchezza della solitudine che risulta essere ospite d’onore in un complesso rituale di incontri, dove i vari soggetti interagiscono senza toccarsi in un’orchestrazione magnificamente inanimata.

 

Privati della vista, a meno che
Profumano l’uno dell’altro
O tu che giri la ruota e guardi nella direzione del vento
Oh no, sono io ad esser fatuo
Vattene a grattare il fango dalle rughe e dalla faccia
L’esercito della legge inalterabile
Ma io vi dico che un gatto deve avere un nome tutto suo,
Si pensa a tutte le mani
Né ad alcuno di noi venne il pensiero
Il rumoroso (essendo i bar aperti fino a mezzanotte),

e c’è una fede per tutti

***[Componimento formato da 11 versi tratti da altrettante poesie di T.S. Eliot, seguendo la struttura di mano morta con dita, 11 blocchi di 1’ e 12” ciascuno. Le poesie sono state lette con velocità variabili e a un 1’ e 12” è stato estratto il verso da utilizzare. Omaggio al lavoro di Prufrock spa]

 

 

Intervista a Luca Rizzatello e a Nicola Cavallaro (Prufrock Spa) 

a cura di Walter Catalano

 

1) Parlaci del progetto Prufrock Spa, l’origine del vostro nome, il legame con Eliot.
L: Il nome Prufrock spa è uscito per la prima volta nella primavera del 2006; Alice Chinaglia, Nicola e io eravamo nella biblioteca di Costa di Rovigo, a registrare le voci per una canzone intitolata Shahrzād re-tell-me. All’epoca vivevamo tutti e tre a Costa di Rovigo, adesso nessuno dei tre. Il passaggio da progetto musicale a laboratorio di videoarte è avvenuto qualche tempo dopo, con l’occasione di realizzare prima i videoclip delle canzoni dell’album di cui sopra, poi delle videoinstallazioni a supporto di letture di testi di poesia. Nel 2012 è cominciato il progetto mano morta con dita, nella forma di libro con poesie + incisioni e quindi di videoinstallazione con la lettura integrale dei testi; l’assenza o il fraintendimento di qualsiasi riferimento a un’identità definitiva, centrale nella costruzione dei testi e delle incisioni, è stata riportata nella produzione della videoinstallazione, tanto per il flusso video quanto per quello sonoro, lasciando a ciascuno la facoltà di individuare dei punti di riferimento, e quindi di orientarsi nell’informe. In qualche modo queste sono state le premesse per la costruzione della videoinstallazione loomen, del 2013, in cui il medesimo studio sulla definizione dell’identità eccetera è stato affrontato con la tecnica stop motion, animando utensili totalmente comprensibili, ma non totalmente riconoscibili. Il legame con Eliot credo derivi dal nostro gusto modernista, che di fatto è riscontrabile in tutti i lavori realizzati. In conclusione, rispondendoti senza tema d’infamia, citare un verso di The love song of J. Alfred Prufrock sarebbe fare un torto ai versi non citati; Spa invece sta per stazione termale.

2)  mano morta con dita: hai sentito l’esigenza di una rappresentazione della poesia oppure hai iniziato a scolpire l’idea da un unico nucleo video-poetico?
N: Il nucleo di partenza del flusso video sono le stampe calcografiche a puntesecca su rame da me realizzate nel 2004-2005, scelte poi nel 2012 e accoppiate ai testi per la pubblicazione del libro. Da un punto di vista della tecnica di animazione ho voluto utilizzare undici diversi approcci esecutivi ed espressivi, in modo che gli episodi della durata di 1’ e 12” avessero una loro precisa identità. La profonda analisi della scansione digitale delle stampe mi ha quindi permesso di cercare e scorgere nel tessuto grafico le forme, i segni e i simboli che potessero assurgere al ruolo di interpreti o di evocatori delle vicende e atmosfere dei testi.

3) L’orrore che si cela sotto il manto del quotidiano: l’importanza del perturbante e/o dell’attività onirica e del sogno lucido nel tuo lavoro.
L: Il perturbante e l’attività onirica non sono particolarmente rilevanti nel mio lavoro, ma lo sono nella mia esistenza. Invece l’orrore inteso alla maniera di Heart of Darkness credo sia decisamente produttivo, nel mio lavoro, ma molto meno nella mia esistenza. Credo che la questione stia nella facoltà di riuscire a contemplare a un tempo tutte le variabili in campo, o analogamente di contemplare un’unica variabile da tutti i punti di vista praticabili.
N: Da sempre nel mio lavoro ho cercato di cogliere e sfruttare la realtà e lo stato delle cose, degli oggetti e dei materiali così come sono arrivati a me. Ho sempre voluto sfruttare questi incontri. E tendo sempre più a semplificare e a ottimizzare le risorse a disposizione. Il mio processo ideativo e realizzativo è quindi caratterizzato da una serie di processi di filtraggio visivo e di analisi funzionale delle possibilità espressive che i materiali da me recuperati possono esprimere. È quindi un lucido lavoro diurno.

4) Sempre relativamente a mano morta con dita potremmo parlare di un fenomeno completamente nuovo: la cine-differenziazione cellulare il cui esito è rappresentato dai personaggi che nascono dalle superfici/palcoscenico. Vorrei che ci parlassi dell’uso dei materiali, della post-produzione e dei mezzi tecnici usati.
N: Prima di parlare dell’intervento per il flusso video è necessaria una breve parentesi riguardo l’origine del materiale di partenza dal quale tutto è partito. Le lastre da me incise erano in passato scarti della lavorazione delle grondaie. Una tipologia di pre-traccia insita nelle lastre (oltre alle ossidazioni e ai segni-graffi che il caso ha depositato sulle loro superfici) erano le piegature che il foglio di rame aveva in sé per fungere da scolo. Ogni lastra che raccoglievo veniva per primo appiattita, resa superficie piana attraverso un intervento di apertura della forma prestabilita. Subiva un cambio di ruolo. Una volta appianata avrebbe perso il compito di contenere e trasportare acqua, acquisendo la capacità di contenere e custodire altre tracce. Questo intervento esterno ha permesso alle pieghe di divenire a loro volta solchi e canali, e rappresentano dunque le tracce più marcate delle lastre: profondi fossi rettilinei che attraversano interamente la sottile lamina. Sulle lastre vi si depositeranno dunque una serie diversificata di interventi, distinti per tipologia di strumento, per intensità di pressione, volontà di gesto e costanza di precisione. Dall’esecuzione e stampa alla scelta per il progetto mmcd sono passati sette anni e  si è creato naturalmente e gradualmente un distacco di tipo emotivo, visivo ed esecutivo: un ulteriore e possibile livello interpretativo e di dialogo. Il non ricordare quasi più come quei segni fossero stati tracciati e con quale pressione e stato d’animo impressi sulle lamine di rame, mi ha portato ad osservare quelle carte – ora mappe – con gli stessi occhi di chi osserva le cose della natura.
Ciò che ha permesso questo cambio di ruolo è la scansione della stampa. Con essa si crea una copia digitale, virtuale, immateriale. Sarà lei ora che si disporrà all’intervento. Potenzialmente riproducibile all’infinito. In realtà analizzabile all’infinito. Modifica fisica e di ruolo. L’elevata risoluzione delle neostampe consente di avere delle immagini più vere degli originali, perché la loro virtuale vastità permette di apprezzare e soffermarsi su particolari che l’occhio umano non può percepire così chiaramente. Sono ora molto più leggibili, più grandi, più percorribili di quando erano trattenuti dalla carta. Nuove parti di quel piccolo lembo di terra che era la stampa possono ora essere visitate prima di tutto dagli stessi elementi che compongono l’immagine. Le regole cambiano e tutto è possibile.  Nell’analizzarle mi accorgevo che ognuna aveva delle possibili chiavi di lettura, degli accessi alternativi alla loro comprensione. Il rapporto è cambiato. L’immagine a monitor si mostrava e si lasciava esplorare in maniera apparentemente passiva. La mia volontà di indagare la stampa era pari alla volontà della stessa di essere osservata. L’entrare visivamente all’interno di quelle rappresentazioni era come accedere concretamente in un luogo che si era solo immaginato. Dovevo intervenire in maniera non invasiva, speravo di poterle manipolare con strumenti invisibili, che non fossero in grado di lasciare tracce del loro passaggio. Ho scelto di farlo con la tavoletta grafica, ossia una penna digitale che mi ha permesso di isolare, ripulire, fondere, copiare e cancellare parti dell’immagine, per poi dislocarle in altre zone, creando dei livelli e gestendoli  come presenze fugaci, permettendo loro di dialogare in altri modi all’interno del nuovo ambiente. Una possibilità, non l’unica. L’intervento grafico/digitale è per alcune stampe molto preciso e accurato, per altre è quasi del tutto assente. È sempre però successivo alla scoperta della chiave di lettura dell’immagine, del modo di raccontare una possibile vicenda, percorso, situazione, mutamento. O alla volontà di una visione più dettagliata e per questo più vera, più emozionale. Con questo triplice intervento (scansione, analisi e modifica) si dà alla stampa – ora file immagine – un nuovo compito. Smette di essere solo un foglio di carta impresso da una matrice inchiostrata – quindi un prodotto –  per divenire lei stessa lastra. Matrice. Da lei si parte per generare un possibile evento che però le appartiene. Il suo ruolo diviene attivo perché collabora alla pari con chi la modifica. Le dense e vellutate arterie di inchiostro che la carta tratteneva con sé ora si liberano, si mostrano più chiaramente, si fanno modificare, decomporre e ricomporre, pulire e ricollocare, analizzare fin nei minimi particolari per poter esprimere pienamente le loro qualità. Sembra una forzatura ma è in realtà una possibilità che queste immagini dovevano avere. Percorsi semplici e naturali che raccontano delle possibilità.

 

mano morta con dita

Supporto tecnico: video hd, b/n
Riprese: Nicola Cavallaro
Script: Nicola Cavallaro, Luca Rizzatello
Musica: Luca Rizzatello
Durata: 14’ 30’’
Anno: 2012

mano morta con dita è uno studio sul nero. oppure è un teatrino dove i personaggi non sono più carne però non sono ancora ombre: sono umori neri. perciò sono spiritati, e spiritosi, e hanno un cuore d’oro. oppure si rovescia un bicchiere con l’inchiostro e si sta ad ascoltare.

mano morta con dita from Prufrock spa on Vimeo.

Approfondimenti su: manomortacondita.wordpress.com

 

 

5) Nelle prime sequenze di mano morta con dita la camera scorre lungo un solco della superficie lignea che potrebbe sembrare anche un solco del neocortex creando un palcoscenico interscambiabile dove i personaggi sono esperibili oltre la vista e l’udito: potremmo parlare di bio-surrealismo?
N: Analizzando sia le stampe che gli episodi video, parlerei di una metafisica dei materiali e delle superfici.  Nell’intervento digitale di animazione si dà alle figure/forme/personaggi la possibilità di dislocarsi negli scenari, di agire in essi, di lasciare il proprio ambiente per vivere altrove. Isolare un particolare e avvicinarsi a esso. Fondere il fronte e il retro di una lastra e scoprirne le luci e le ombre. Stratificare in un’unica inquadratura macropanoramiche di dettagli segnici.  E molto altro. Si manifestano dei cambiamenti e degli eventi che nella visione della stampa erano forse solo immaginabili.

6) I lavori di Mario Giacomelli ti hanno in qualche modo influenzato? Ed anche: i solchi, il senso dell’attesa e Lucio Fontana…
N: Nel 2004, quando iniziai il corso di incisione, l’unica influenza che mi accompagnò in quell’esperienza calcografica furono proprio i segni e le tracce che le lastre di rame già contenevano. Era tutto molto sperimentale, nel senso che io sperimentavo per la prima volta quella tipologia di interventi. Desideravo semplicemente vedere ciò che quelle diverse ferite da me inferte restituivano in stampa. Il mio era un dialogo con le superfici; analizzandole come fossero mappe volevo inserirmi e creare un mio percorso, dove possibile.  Gli interventi che feci poi nel video erano strettamente funzionali a quanto creato in stampa, mi ero dato la regola di sfruttare pienamente le potenzialità di quelle immagini che chiedevano ancora di essere usate, come a suo tempo feci con le lastre.

7) L’apice nel finale d mano morta con dita: l’uovo che è il contenitore della vicenda, in cui si possono individuare elementi simbolici relativi al bene e al male, sembra poi trasformarsi in una bilancia le cui braccia si ritraggono come se volessero rifiutarsi di misurare i comportamenti dei personaggi narrati. È una interpretazione plausibile?
L: Una linea di analisi potrebbe prendere le mosse dalla domanda “cosa è vero?”; credo che il rifiuto di misurare i comportamenti dei personaggi, ovvero di distinguere il bene dal male, si sia imposto come una condizione necessaria per lo svolgimento della narrazione. La tecnica del what if, o alzare continuamente la temperatura stilistica del testo, o l’allestimento di un immaginario dominato da un pensiero laterale, sono le premesse per creare qualcosa di veramente finto, e quindi coerente. Inoltre incartare il pesce nei fogli di giornale non è igienico.
N: Lo è. Nell’ultimo video assistiamo a due dinamiche che sono agli opposti. La presenza di un denso segno che, riprendendo contatto con la chiara superficie che gli apparteneva, per la prima volta la percorre e la vive in quel modo, permeàndo nuovamente quegli spazi. Di contro abbiamo due segni molto più leggeri che nel finale si ritirano e lasciano quegli spazi, come se non accettassero la loro condizione. Nella stampa erano fissi e immutabili. Ora non più. Sono due azioni diverse ma che hanno il valore della possibilità, della scelta. Possono dunque rappresentare due comportamenti. Il primo segno lentamente manifesta e concretizza l’intera tensione accumulata sino a quel punto, rientrando in scena per risalire fino a penetrare l’uovo, mentre al suo fianco altri due segni si congedano.

8) Il doppio che si ritrae è ricorrente in entrambi i lavori, in  loomen è presente una sequenza con due bastoni che a intermittenza escono da due buchi, in mano morta con dita il finale, già citato sopra, qual è il legame?
N: Lavorare col doppio crea interessanti possibilità di dialogo. È un confronto che nell’alternanza crea ritmo e movimento, incertezza e diversità. I protagonisti possono rimanere o andarsene. In loomen ci si aspetta che prima o poi un bastone esca e ci tocchi, o che prosegua all’infinito. Mentre in mmcd la piana condizione dei piccoli segni sembra farli svanire per sempre nella fitta texture che li contiene.
L: Il doppio che si ritrae, che abbiamo tentato di ritrarre, si è presentato anche in fase compositiva. In mmcd i video sono stati realizzati a partire dalle musiche, invece in loomen è avvenuto il contrario. Il solo fatto di dover sincronizzare video su audio oppure audio su video impone al sincronizzatore restrizioni di tipo differente, e quindi soluzioni stilistiche differenti; questo è l’unico elemento di parziale aleatorietà che ci siamo concessi. Nello specifico: la traccia audio che accompagna la scena dei bastoni è stata prodotta utilizzando come materiale ritmico i campionamenti di uno schiocco di dita e di un foglio di carta che si strappa, entrambi associabili alla parola snap, e probabilmente non è un caso se in quella sequenza si trova l’unico concetto espresso verbalmente, che appartiene a Franz Kafka. 

9) In  loomen  i personaggi non mutano anche se si muovono in complesse coreografie, avete voluto ribaltare il concetto di metamorfosi degli oggetti, focale in autori come Svankmajer e Brothers Quay?
N: Nel video il nastro di piombo evolve e acquisisce consapevolezza delle proprie capacità attraverso il movimento, l’azione. Il rotolare gli permette di percepirsi e percepire lo spazio attorno a lui. Gli oggetti/personaggi che incontra sono anch’essi coerenti con la propria struttura e con le proprie possibilità, sono funzionali e perciò acquisiscono una naturalezza che appartiene agli esseri viventi, una vivacità e una vitalità che li rende evoluti e coordinati.

10) Fin dai primi attimi di visione di  loomen ho associato il senso del ritmo che ne emerge al balletto classico. Alla fine del video, in una sequenza veramente emozionante, i mattoncini si esibiscono in una coreografia: c’è dunque qualche attinenza con la danza?N: Esiste in quanto sono degli oggetti/corpi che si muovono e agiscono in uno spazio, e lo fanno mostrando le loro potenzialità. La stop motion ne aumenta la fluidità dei movimenti e ne accentua le dinamiche. Il ritmo che si può percepire è paragonabile alla frequenza del battito, del respiro e della pressione che permette le loro minime o complesse evoluzioni all’interno delle due stanze.

 

loomen

Supporto tecnico: video hd, b/n
Riprese: Nicola Cavallaro 
Script: Nicola Cavallaro, Luca Rizzatello 
Musica: Luca Rizzatello
Durata: 11’ 36’’
Anno: 2013

loomen è una storia di frontiera e poi di detenzione e poi di redenzione. ma è anche un romanzo di informazione sulla gravità e sulla vita agra del piombo, che è tossico e ha peso specifico 11.34 e non potrà mai tramutarsi in oro. loomen è non un burattino di legno, non un taglialegna di latta: è un nastro nascente.

loomen from Prufrock spa on Vimeo.

 

Quattro tavole preparatorie per loomen -1

Quattro tavole preparatorie per loomen -1

Quattro tavole preparatorie per loomen -2

Quattro tavole preparatorie per loomen -2

 

 

 

 

 

 

 

 

Quattro tavole preparatorie per loomen - 4

Quattro tavole preparatorie per loomen – 4

Quattro tavole preparatorie per loomen - 3

Quattro tavole preparatorie per loomen – 3

 

 

 

 

 

 

 

 

11) Parliamo sempre di loomen , pare ci sia l’intenzione di sviluppare il concetto di diversità. Dall’astrazione si afferrano immagini che (mi) riportano a individui claudicanti, freak e nani; questi ultimi mi hanno poi ricondotto al testo di mano morta con dita

L: I testi di mmcd a un certo grado di lettura potrebbero rimandare alle suggestioni offerte da un bestiario, in cui le anomalie vengono considerate una risorsa, e come tali messe sul piedistallo. Va detto che tra le tesi di fondo di mmcd non sono pervenute quelle per cui A. siamo tutti speciali a modo nostro, tantomeno quelle per cui B. le sofferenze/gli sbagli aiutano a crescere. Nessuno dei personaggi del libro è quello che dice di essere/che dicono sia, ma questo gioco delle parti non è mai frutto di strategie sociali o di esercizi carismatici: banalmente ciascun personaggio è sprovvisto degli strumenti per poter agire nel mondo, nel modo in cui vorrebbe o nel modo in cui vorrebbero; ma complessivamente tutto ciò non è rilevante, come del resto non sarebbe rilevante il contrario, perché nessun personaggio comunica con nessun altro personaggio.
N: Come un alieno catapultato all’interno di due piccole stanze quadrate collegate da un ponte, l’iniziale tubo di piombo aggrovigliato prende fin da subito consapevolezza delle proprie possibilità e capacità. È già attivo prima ancora di accorgersi dove si trova. Apparentemente limitato da un corpo pesante e nastriforme egli appare in grado di vivere e analizzare il nuovo ambiente che lo circonda e di far fronte a ciò che la realtà gli propone. Il contatto con un altro oggetto diverso da lui (la molla arrugginita di una tapparella) gli permette di scoprire una nuova potenzialità che il suo corpo possiede. È il superamento di un limite.

12) Quanto la psicodinamica delle relazioni familiari c’entra con il testo poetico di mano morta con dita? E perché hai preferito recitare tu la poesia?
L: In mmcd il nucleo familiare padre+madre+figlia è un organismo scarsamente funzionale ai margini di un ecosistema imploso; posto che continuano a non valere i punti A. e B., ciò che ne consente la sopravvivenza dentro e fuori sono la gestione oculata del rimosso, l’intelligenza anafettiva, l’istinto clientelare. I personaggi esterni alla famiglia (es. il nano, la stagista, l’analista, la spolveratice, …) sono variamente relati, nove volte su dieci per ragioni disdicevoli, e nessuno ha familiarità con le relazioni. Tradizionalmente i miei testi vengono letti da un vocal reader, ma in questo caso ho ritenuto opportuno farli leggere da me per evitare che la dizione glaciale di un software contribuisse a confermare l’opinione secondo la quale mmcd sia un libro pervaso di ironia; mmcd non è un libro ironico, se chi lo legge decide di utilizzare tale stratagemma per normalizzarne i contenuti, posso comprenderlo, ma è un altro campionato.

13) Caos e ordine si alternano in entrambi i video e pur avendo due chiuse che segnano il ristabilimento della quiete e della simmetria del symbolon, si ha l’impressione di una forte entropia che si è accumulata nello scorrere dei minuti. In tutto questo quali funzioni hanno il testo poetico, la musica e il bianco e nero?
L: Avendo i testi di mmcd una forte impronta allegorica, cose e segni potrebbero confondersi, invitando chi legge a un esercizio di ordinamento individuale; l’assenza di nomi propri, o di dettagli connotanti, o di punteggiatura, si muove nella stessa direzione. La musica in entrambi i casi è stata concepita come un flusso unico, in senso narrativo, con riprese e decostruzioni; in mmcd il riferimento principale è la drone music, perché nel racconto tutto procede per scarti minimi, all’interno di una dimensione circolare, di tempo sospeso, o infinitamente replicabile; molte parti sono state eseguite e poi rallentate in postproduzione, un po’ come accade quando si rivivono mentalmente gli inciampi dell’appuntamento galante occorso la sera prima. Invece in loomen [CONTIENE SPOILER] l’ambientazione sonora è stata originata dalla mia interpretazione della storia non detta del protagonista, che mi figuro essere una forma aliena in avanscoperta sul pianeta Terra. Perciò tutta la musica che si sente dovrebbe essere la musica che il protagonista ha nella sua testa, in altri termini il suo linguaggio, che progressivamente viene contaminato dai linguaggi dell’ambiente ospite, che risulta essere assai ostile e deformante.
N: I due video nella mia testa non sono ancora chiusi. Il progetto mmcd era ed è aperto a molte contaminazioni e reinterpretazioni, sia nel testo che nel comparto audio video. Le stampe hanno a mio avviso un potenziale che ho in più versioni sfruttato e analizzato, e credo riusciremo a fare altri lavori con una loro solidità e identità. L’entropia che si avverte è proprio dovuta a questa sensazione di continuità che le opere trasmettono, come se ci fosse ancora molto da dire e mostrare. Gli episodi brevi permettono di creare un mosaico interscambiabile che, assieme al bianco e nero, annullano una reale progressione temporale ed emozionale ad un livello esteriore e superficiale. Ciò permette ai simboli e alle atmosfere di penetrare e radicare nello spettatore, che può così tentare di ricomporne la struttura, una ulteriore trama.

 

Prufrock spa - logo

Prufrock spa – logo

 

Luca_RizzatelloLuca Rizzatello

Nato a Rovigo nel 1983. Nel 2005 fonda con l’artista Nicola Cavallaro il laboratorio Prufrock spa, producendo un album musicale (Albus, -a, -um) e videoinstallazioni per reading poetici. Dal 2004 è giurato e coordinatore del Premio letterario Anna Osti di Costa di Rovigo. Nel 2007 pubblica il libro Ossidi se piove (Valentina Editrice). Nel 2008 entra a far parte della giuria del concorso di poesia bandito dall’Associazione Culturale Tapirulan, patrocinato dall’Università degli studi di Parma, e cura la raccolta antologica Grilli per l’attesa – Una riscrittura di Pinocchio (Valentina Editrice), versione libresca del progetto di riscrittura per ambienti Make it Happening, elaborato con frederico f. (Father Murphy, St. Louis & Lawrence Books). Dal 2009 cura la rassegna Precipitati e composti, per la promozione del rapporto tra composizione poetica e composizione musicale. Collabora con il portale Poesia 2.0, con la rubrica tigre contro grammofono. Nel 2012 pubblica il libro mano morta con dita (Valentina Editrice), e fonda le Edizioni Prufrock spa.

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Nato nel 1982 a Rovigo, nel 2008 si laurea con lode in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia con una tesi su Oskar Fischinger. Nel 2005 inizia a fondere la pittura, l’incisione, la fotografia e la passione per i materiali di recupero in un unico mezzo espressivo: il video di animazione realizzato con tecniche tradizionali. Nello stesso anno fonda con Luca Rizzatello i Laboratori Prufrock spa, dove gran parte del suo lavoro incontra parole e musica. Apprende e sperimenta numerose tecniche di animazione con le quali realizza videoclip, cortometraggi, videoinstallazioni per reading poetici e booktrailers.

 

 

 

 

 

SUONO PROSSIMO – secondo appuntamento

Sabato 21  febbraio continua la rassegna di arti sonore

SUONO PROSSIMO

A Pietrasanta dalle ore 21.30 presso gli spazi del Chiostro di S. Agostino e alle 23.30 presso Lo Studio

 

 

Giovanni Lami

Giovanni Lami

 

Continua la rassegna di arti sonore SUONO PROSSIMO curata da Lisca RecordsNub Project Space. In questo appuntamento suoneranno nella sala dell’Annunziata, Chiostro di S. Agostino: Giovanni Lami, Simon Balestrazzi. Presso Lo Studio si esibirà Umanzuki.

 

GIOVANNI LAMI

Mema verma è uno studio mirato all’utilizzo acustico completo di un solo strumento, unito al processing digitale del materiale registrato: uno shruti box con intonazione più bassa rispetto ai tradizionali indiani è principalmente usato senza emettere alcuna nota, ma campionando l’elaborazione dei soffi, dei fischi e rumori generati dalle ance e dal corpo stesso.
L’evoluzione all’interno delle tracce che compongono il lavoro è come una metamorfosi della stessa idea, dove il suono è sempre più rarefatto, perdendo gradualmente la connotazione concreta, spezzata e incerta iniziale fino a diventare un drone quasi statico. Il nome stesso del lavoro è una sorta di “grammelot” in sanscrito, riflettendo così ancora una volta sull’approccio al mezzo/strumento, trattato in modo molto diverso dal suo uso tradizionale.
Giovanni Lami (1978) è un field recordist e musicista che lavora all’interno del soundscape, della ricerca elettroacustica e della sound-ecology.
Dal 2009 con i suoi diversi progetti ha suonato tra gli altri al: Conservatorio B.Maderna (Cesena), DalVerme (Roma), Mu.Vi.Ment.S. Festival 2010 (Itri), Fondazione Giorgio Cini (Venezia), Festival C/off (Faenza), Schiume Festival (Venezia), Kernel Festival (Desio), NerosuBianco (Cesena), Tagofest VI (Massa), Florence Live Looping Festival (Firenze), Flussi2011 (Avellino), Spazio Elastico (Bologna), Barbur Gallery (Jerusalem), Rogatka (Tel Aviv), The Zimmer (Tel Aviv), Kreuzberg Pavillon (Berlin), Homework Festival (Bologna), Ravenna Festival (Ravenna), Teatro Fondamenta Nuove (Venezia), KNOT Gallery (Athens), Les Yper Yper (Thessaloniki), The Bee’s Mouth (Brighton), CafeOTO (London), HanaBi (Ravenna), Teatro Moderno (Agliana), O’ (Milan), Störung Festival (Barcelona), Quiet Cue (Berlin), Macao (Milan).
Laureato in Scienze e Tecnologie Alimentari all’Ateneo di Bologna ed in Fotografia allo IED, come fotografo ha realizzato esposizioni collettive e personali nazionali edestere, tra le altre, a Ravenna, Modena, Genova, Roma, Acireale, San Sebastian – Spagna, Dhaka – Bangladesh, ha partecipato ad un paio di residenze artistiche (Norvegia e Paesi Baschi), pubblicato libri e lavorato con diverse realtà commerciali.
L’approccio verso la materia sonora è lo stesso messo in pratica nel passato in fotografia, utilizzando principalmente registrazioni ambientali (field recordings) e segnali processati in tempo reale; l’universo infinito di suoni che ogni giorno ci circonda e la loro manipolazione è la base del suo modus operandi, affiancato allo studio delle superfici risonanti sul campo e alla ricerca multispeaker. Nel 2011 entra a far parte di AIPS (Archivio Italiano Paesaggi Sonori).

giovannilami.wordpress.com

 

Simon Balestrazzi

Simon Balestrazzi

 

SIMON BALESTRAZZI

Simon Balestrazzi è un compositore elettronico/elettroacustico e sound artist attivo dagli anni 80.
E’ fondatore e membro della band di culto italiana T.A.C. (Tomografia Assiale Computerizzata). Attualmente lavoro come solista e con il duo sperimentale Dream Weapon Ritual (con Monica Serra), Candor Chasma (con Corrado Altieri), Sarang (con Enrico Marani) e Resonance Behaviour (con Andrea ‘Ics’ Ferraris) e con l’ ensemble di improvvisazione A Sphere Of Simple Green (con Adriano Orrù e Silvia Corda).
Ha suonato dal vivo o registrato con i seguenti musicisti e gruppi: Paolo Angeli, Gianluca Becuzzi, Maurizio Bianchi/MB, Bron Y Aur, Mattia Coletti, Sylvie Courvoisier, Bruno Dorella e Stefania Pedretti (OvO), Max Eastley, Forbici Di Manitù, Gerstein, Henning Frimann, Hermetic Brotherhood Of Luxor, Tim Hodgkinson, Xabier Iriondo, Dalila Kayros, Kind Of Cthulhu, Limbo, Magnetica Ars Lab, Elio Martusciello, Metaform, MS Miroslaw, Ikue Mori, Clara Murtas, Phill Niblock, Victor Nubla, Alessandro Olla, Plasma Expander, Maja Ratkje, Jared Russell, Daniele Santagiuliana, Mauro Sciaccaluga, Damo Suzuki, Testing Vault, TH26, Thelema, Uncodified, Vipcancro, Giorgio Vivaldi e Z’EV.

soundcloud.com/simon-balestrazzi

 

 

Umanzaki

Umanzuki

 

UMANZUKI

Partiti come trio jazzcore, passati attraverso il mix di psichedelia e free jazz elettrico del loro secondo ep, Sonic Birds, gli UMANZUKI oggi spiazzano tutti e con il loro nuovo album, Tropical Nature of Tiaso, dissolvono definitivamente gli ultimi scampoli rock in una lunga improvvisazione scintillante di sottilissime variazioni elettroniche, suoni languidi e liquidi, ritmiche sintetiche ridotte all’osso e melodie lontane, per un disco che suona come un’ isola tropicale su cui è improvvisamente calato un buio profondissimo. Già al lavoro su un nuovo lp, gli Umanzuki ascoltano ed assimilano in maniera onnivora e sono la band giovane, avventurosa e credibile che aspettavamo.
Hanno da poco pubblicato il loro ultimo disco “Tropical Nature Of Tiaso” in cassetta per la Lemming Records,
considerato per alcuni degli addetti ai lavori tra i migliori dischi pubblicati nel 2014.

umanzuki.bandcamp.com

 

 

suono pross defin-1

info:
nubprojectspace.com
www.liscarecords.com
Centro Culturale Luigi Russo – www.museodeibozzetti.it – 0584795500

luoghi:
Chiostro di Sant’Agostino (Sala dell’Annunziata) – Via Sant’ Agostino 1, Pietrasanta
Lo Studio – Piazza Matteotti 39, Pietrasanta

 

 

 

SUONO PROSSIMO – primo appuntamento

 

Sabato 7 febbraio prende avvio la rassegna di arti sonore SUONO PROSSIMO
A Pietrasanta dalle ore 21.30 presso gli spazi del Chiostro di S. Agostino e alle 23.30 presso Lo Studio


VipCancro

VipCancro

Apriranno la serata i VipCancro, che sono anche gli organizzatori del minifestival (in collaborazione con Nub Project Space), nella Sala dell’Annunziata (Chiostro di S. Agostino).

VIPCANCRO
Quartetto di sperimentazione elettroacustica composto da Andrea Borghi, Alberto Picchi, Nicola Quiriconi e Filippo Ciavoli Cortelli.
Ispirandosi alla musica di ricerca e d’avanguardia il gruppo esplora i concetti di continuum e drone music in un contesto di tipo improvvisativo.
Dal vivo propongono sonorizzazioni di materiale video inedito o interazioni tra suono e materia (progetto A/U/M) ottenendo originali proiezioni in tempo reale.
I membri del gruppo hanno fondato nel 2008 l’etichetta musicale Lisca Records con la quale pubblicano materiale proprio e di altri artisti affini, nomi noti della scena sperimentale nazionale ed internazionale.
I 3 album ufficiali – Xax, Tropico e il recentissimo Gamma – hanno ricevuto critiche entusiastiche dalle testate specializzate quali Blow Up (“Una delle migliori uscite italiane di ambito ‘avant’ ascoltate negli ultimi mesi”, “La loro musica fatta di rumorismi modellati, elettronica spastica e post-industrial tenebroso convince ancora una volta per l’abilità e il tatto nel gestire una materia così risaputa.”) e Rumore (“Un nucleo di artisti che richiama e attualizza fasti improvvisativi nella miglior tradizione della ‘musica elettronica viva’), mentre nel suo sito Head Heritage il musicista e saggista britannico Julian Cope ha speso parole lusinghiere per questo “eccellente quartetto toscano, estremamente personale” (Dicembre 2010) ed inserendo GAMMA come disco del mese (Ottobre 2013) nella sua rubrica Address Drudion.
I membri del gruppo hanno fondato nel 2008 l’etichetta musicale Lisca Records con la quale pubblicano materiale proprio e di altri artisti affini, nomi noti della scena sperimentale nazionale ed internazionale.
www.liscarecords.com

Maggiore mala

Enrico Malatesta & Luciano Maggiore

A seguire Enrico Malatesta & Luciano Maggiore che rivolgono il proprio lavoro alla creazione di segmenti sonori poliritmici e multimaterici per set elettroacustico.
Il duo utilizza percussioni, dispositivi di playback e speakers, contestualizzando gli eventi sonori in una dinamica prossima al silenzio, e nella quale, l’azione dei musicisti compenetra l’attività del luogo di realizzazione, generando un nuovo paesaggio composto da strati microritmici complessi ma ecologici, ed in cui gesto, spazio e rumore di fondo, hanno un ruolo centrale.
Luciano Maggiore ed Enrico Malatesta hanno presentato il proprio lavoro in Italia, Germania e Corea del Sud, sviluppando, parallelamente all’attività concertistica, il workshop “strati/ fixed landscapes action” tenutosi durante “Dotolimpic Festival for experimental and improvised music” di Seoul.
Collaborano con l’etichetta discografica inglese “Consumer Waste” e gestiscono l’indipendente “Triscele Registrazioni”.
Nel 2012, durante il centenario della nascita del compositore americano John Cage, in qualità di interpreti, hanno realizzato “Fontana Mix” e 27’10.554” for a percussionist in varie location d’Italia tra cui si ricordano: Festival Musicage (Rovereto), Festival Aperto (Reggio Emilia), Musma Museo Della Scultura Contemporanea (Matera) il cui concerto è stato trasmesso dall’ente radiofonico Radio Rai3. Nel 2013, hanno beneficiato del contributo alla mobilità artistica erogato da “GAi Giovani Artisti Italiani” vincendo il concorso Movin’Up.

 

Luciano Maggiore (1980) Musicista attivo nel campo della musica elettroacustica,
negli ultimi anni ha sviluppato un forte interesse nei confronti dei meccanismi di diffusione del suono, utilizzando speaker e vari supporti analogici e digitali (walkman, lettori cd, registratori a bobina) come primo strumento. Il suo interesse si snoda tra valori architettonici e psicoacustici del suono come anche dinamici e direzionali ponendo un forte accento nei confronti dei suoni fissati. Lavora regolarmente in duo con Francesco Brasini ed Enrico Malatesta. Ha collaborato con Angstarbeiter, Auriga, Mario De Vega, John Duncan, Andrew L. Hooker, Seiji Morimoto, Seijiro Murayama, Teatro Valdoca, Zapruder Filmmakergroup, Zimmerfrei, Dominique Vaccaro. Il suo lavoro è edito da Boring Machines e Senufo Editions.
lucianomaggiore.blogspot.it

Enrico Malatesta (1985) Percussionista e ricercatore attivo nel campo della musica contemporanea; ha studiato percussioni classiche presso il conservatorio “Bruno Maderna” di Cesena e la sua personale ricerca è volta ad estendere le possibilità soniche e multi materiche degli strumenti a percussione tramite tecniche gestuali semplici, in grado di realizzare spessori poliritmici ed informazioni multiple che intercorrono tra esecutore, spazio e strumento. Lavora regolarmente in duo con i percussionisti Christian Wolfarth e Seijiro Murayama con i sound artist Giuseppe Ielasi, Renato Rinaldi, Riccardo Baruzzi, Attila Faravelli, Nicola Ratti ed è membro fondatore dell’ensemble Glück;ha tenuto concerti in Europa, Giappone, Corea del Sud, Nord America e pubblicato materiale per etichette discografiche italiane ed internazionali. Cura la rassegna di concerti e performance “grande stagione”.
enricomalatesta.com

 

M. BALDINI / D. CI / D. LUCCHESI / E. RICCI

M. BALDINI / D. CI / D. LUCCHESI / E. RICCI

 

A chiudere questo prima data del festival, presso Lo Studio,  il quartetto di improvvisazione radicale formato da Marco BaldiniDevid CiampaliniDavid LucchesiEdoardo Ricci.

 

Marco Baldini (1986) suona la tromba. Folgorato dal free jazz negli ultimi anni del liceo, ha avuto poi modo di radicalizzare il suo approccio musicale, grazie anche all’incontro con Edoardo Ricci, Eugenio Sanna e il collettivo Burp. Negli ultimi anni ha potuto suonare con Mat Pogo, WjMeatball, Stefano Bartolini, Scott Rosenberg, Jacopo Andreini, Andrea Caprara, Tristan Honsinger, nel Manucinema di Tuia Cherici, nella Neem orchestra e collaborare con ùKinkaleri e Fosca. E’ tra i membri fondatori del collettivo Blutwurst. Dal 2014 collabora con Luisa Santacesaria, Chiara Saccone e Daniela Fantechi.

Devid Ciampalini (1988), è un musicista/sperimentatore e fondatore del collettivo artistico Ambient-Noise Session.
Nasce come bassista nel 2007, suonando in varie formazioni punk. Attualmente lavora con microfoni a contatto destrutturando le pulsazioni in rumori cinetici e interagendo con il proprio corpo. Il suo è un percorso fisico che scava nella trasformazione dell’ espressività, attraverso field recordings di voci e suoni gutturali modificati in real time. La sua è una ricerca ecclettica fatta di psichedelia, noise e free music. Milita anche nelle formazioni Metzengerstein, Holy Hole e SuperVixens.

David Lucchesi, chitarra elettrica, chitarra acustica.
Ha iniziato a suonare con un quartetto con il nome di Mario e the Kadath,successivamente ha suonato con Metzengerstein e Holy Hole,
attualmente sperimenta sulla chitarra alla ricerca di un suono personale tramite l’improvvisazione che gli consente di esplorare suoni e di avvicinarsi alla radice di essi. Ha partecipato a diversi workshop tenuti da Eugenio Sanna con il nome ‘Il Suono dell’Improvvisazione’
Ha suonato con Ester Lamneck, Eugenio Sanna, Stefano Bartolini, Edoardo Ricci, Marco Baldini dove con questi ultimi due porta avanti un quartetto di improvvisazione.

Edoardo Ricci, sax alto, soprano, sopranino,clarinetto basso.
Ha iniziato a suonare nel 1974 fondando insieme ad altri il Neem (Nuove Eresie Eretico Musicali). Incidendo poco dopo il disco “Come eravamo brutti da piccini”. Nel 1976 suona nel quartetto di guido Mazzon incidendo due dischi. Suona nell’orchestra di Gaetano Liguori incidendo un disco. Nel 1980 con Stefano Bartolini, Filippo Monico e Guido Bresaola compone la parte musicale del gruppo di musica e danza “Tutti i nodi vengono al pettine”. Forma un gruppo con Tristan Honsinger, Sean Bergin, Stefano Bartolini, Renato Cordovani, Nicola Vernuccio e Filippo Monico suonando al festival jazz di Palmi, al Grey Cat di Grosseto ed al Recitarcantando di Cremona . Nel 1985 Fa parte del Gruppo Contemporaneo ( con Guido Mazzon, Filippo Monico, Stefano Bartolini Massimo Falascone, Angelo Contini e Roberto Del Piano) incidendo il disco “Aspettando i Dinosauri”. Con la compagnia di danza di Susanna Beltrami partecipa all’allestimento musicale dell’ operetta musicale Dressoir di Misha Mengelberg, suonando le musiche dal vivo. Insieme a Filippo Monico ed Eugenio Sanna da vita al gruppo Padouk incidendo il disco “Padouk” per la Splasch record. Nel 1992 partecipa con padouk al festival di controndicazioni organizzato da Mario Schiano. Con Padouk, diventato quintetto con l’ingresso di stefano Bartolini ai saxes e Roberto Del Piano al basso elettrico suona al festival di Noci curato da Vittorino Curci. Nel 1993 comincia la profiqua collaborazione con il Jealousy Party gruppo che comprende Roberta Andreucci, prima alle percussioni e poi stabilmente all’elettronica ed Mat Pogo alla voce ed all’elettronica incidendo vari lp e cd nel corso di quasi sedici anni di attività: Now, Again, il sette pollici “Jealousy Party” per la Phonometak, Mercato Centrale, Relative memory con in aggiunta al trio Nicolas Wiese e per ultimo “All Hours” Piccolo manifesto sonoro di mesi e mesi di concerti e studi. In duo con Sanna incide i cd “Lo scorfano miracolato” Del 1995, “Le sette premonizioni ortofrutticole” Nel 98 registra un disco con Roy Paci, Jacopo Andreini e Massimo Cipriani intitolato “CRAP”. Sempre nel 1998 in trio con Eugenio Sanna ed il batterista Roger Turner registra un disco dal vivo “ I segnali della ritirata”. Nel 2000 rimette in piedi con Roberto Bellatalla e filippo Monico il Muzic Circo, incidendo il disco “Vent’anni dopo” per Setola di Maiale collana curata da Stefano Giust. Suona a controindicazioni. Nel 2001 fa parte dell’organico di “Mondo Ra” orchestra celebrativa che esegue le musiche di Sun Ra, suona all’auditorium della Rai la serata di apertura del festival di controindicazioni. Nel 2002 suona con “mondo Ra” Ad Orsara di Puglia. Nel 2006 partecipa con Eugenio Sanna al festival “Inaudible” a Bruxelles. Nel 2006 suona al festival instabile a Pisa sempre con Sanna e Turner registrando il disco “ Live a Pisa”. Nel 2010 fa parte del collettivo Blutwurst.

 

suono pross defin-1

 

info:
nubprojectspace.com
www.liscarecords.com
Centro Culturale Luigi Russo – www.museodeibozzetti.it – 0584795500

luoghi:
Chiostro di Sant’Agostino (Sala dell’Annunziata) – Via Sant’ Agostino 1, Pietrasanta
Lo Studio – Piazza Matteotti 39, Pietrasanta