30 sonetti del Burchiello < = > a cura di Giuseppe Crimi

 

II (= VI)
        Cacio stillato et olio pagonazzo 
et un mugnaio che vende brace nera 
andorno ier mattina presso a sera 
a fare uno grand’oco a un mogliazzo;  
        le chiocciole ne fecion gran rombazzo 
però che v’era gente di scarriera, 
che non volevan render fava nera 
perché il risciacquatoio facie gran guazzo.
        Allor si mosse una bertuccia in zoccoli 
per far colpo di lancia con Acchille, 
gridando forte «Spegnete quei moccoli!». 
        Et io ne vidi accender più di mille 
e fare grande apparecchio agli anitroccoli
perché e ranocchi volean dir le squille.  
        E poi vidi l’anguille 
far cosa ch’io non so se dir mel debbia; 
pur lo dirò: elle ’mbottavan nebbia.

 

[dia•foria n.15, terza uscita della collana  f l o e m a – esplorazioni della parola, che di nuovo scombina le carte.
Siamo partiti con spazio di destot di Fabio Teti, puntando l’attenzione su uno dei giovani autori italiani più interessanti quanto a ricerca trasversale in poesia; passando per uno dei capisaldi del ‘900 e oltre, cioè Nanni Balestrini (Contromano), fino a risalire a circa 600 anni fa con Domenico di Giovanni al secolo il Burchiello.
Questo a dimostrazione di come il percorso di  f l o e m a  (e di [dia•foria in generale) sia tutt’altro che lineare e si ponga come obiettivo principale l’osservazione, l’accoglienza e il recupero di tutte quelle esperienze di scrittura che possono essere per comodità ricomprese nel macroinsieme della sperimentazione o della divergenza.
Decidere di pubblicare una scelta di sonetti del Burchiello in una collana di scritture

da oggi in libreria
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sperimentali è un chiaro segno di questo orientamento e della fascinazione per il rovello della lingua cui siamo soggiacenti senza limiti di secolo.
Tuttavia considerato che l’autore gode già di un’edizione critica (n. 155,
 I sonetti del Burchiello. Edizione critica a cura della vulgata quattrocentesca a cura di Michelangelo Zaccarello, Bologna, Commissione per i Testi di Lingua, 2000, pp. CXXXII-344.) e di una una pubblicazione piuttosto fortunata uscita per Einaudi  (I sonetti del Burchiello, 2004, sempre curata da Zaccarello), la nostra operazione sarebbe risultata meramente strumentale se non avesse previsto un nuovo profilo critico a cura di Giuseppe Crimi e soprattutto un glossarietto che riesce ad aggiungere qualcosa di nuovo alle ormai consolidate attestazioni lessicali burchiellesche.
In un saggio agile, ma molto denso e a tratti divertente per aneddotica e citazioni, Crimi riesce a comunicarci l’esplosiva novità del gergo del Burchiello e di come più o meno sommessamente la modalità alla burchia abbia attraversato i secoli per arrivare fino a noi.

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30 sonetti del Burchiello, a cura di Giuseppe Crimi

Caratteristiche del volume:
F.to: 12 x 18
Pagg.: 108
Copertina: b/n
Confezione: brossura, filo refe
Prezzo: euro 12,00

Il libro può essere richiesto direttamente all’indirizzo: info@diaforia.org o  sui maggiori siti librari in rete: IBS, AMAZON, LA FELTRINELLI, UNILIBRO, etc.

Burchiello

Di seguito una breve intervista al Professor Giuseppe Crimi su Burchiello e sul libro appena uscito.

1) Chi era Domenico di Giovanni detto il Burchiello?
Era un fiorentino di umile estrazione sociale, vissuto nella prima metà del Quattrocento. Di lui non sappiamo moltissimo. Aveva una bottega di barbiere in via Calimala, e si dilettava nella scrittura di versi giocosi; era molto abile, al punto che ebbe modo di tenzonare con alcuni dei rimatori del suo tempo, come Rosello Roselli e Leon Battista Alberti, uscendo a testa alta. Parteggiava per gli Albizzi, gli avversari dei Medici; fu esiliato: si spostò a Siena e poi giunse a Roma, dove finì i suoi giorni. Il Burchiello scrisse sonetti giocosi di vario tipo, alcuni dei quali, particolarmente affascinanti, contraddistinti dal nonsense. Proprio questi sonetti hanno contribuito a segnare la fortuna del Burchiello nel corso dei secoli.

2) Gentile Giuseppe, raccontaci brevemente la genesi di questo libro.
Questo libro nasce su una precisa richiesta, quella di Daniele Poletti, tra i responsabili di [dia•foria, il quale si è appassionato ai versi burchielleschi e alla loro forte carica dirompente. Poletti mi ha proposto di preparare un florilegio burchiellesco che tenesse conto delle più recenti acquisizioni critiche e che raccontasse anche della fortuna del nostro nelle patrie lettere. Ho accettato di buon grado.

3) Perché pubblicare una scelta di sonetti del Burchiello oggi? Qual è il progetto retrostante?
Il Burchiello ha conosciuto, negli ultimi anni, una fortuna davvero notevole. È stato riscoperto soprattutto grazie ai lavori filologici ed esegetici, che hanno permesso una lettura più chiara di molti testi, considerati fino a poco tempo fa enigmatici. La riproposta si colloca con piena coerenza all’interno del progetto di [dia•foria, ossia quello di offrire un corpus di autori della letteratura italiana che hanno sperimentato le potenzialità della lingua nel corso dei secoli.

4) Quali sono le novità di questa edizione?
Occorre premettere che si tratta di una antologia e quindi soltanto di una parte della produzione del Burchiello e dei suoi amici. La scelta è preceduta da una introduzione che illustra la fortuna della poesia burchiellesca, nei secoli, attraverso esempi di autori finora tralasciati o parzialmente considerati. I testi selezionati – secondo l’edizione procurata da Michelangelo Zaccarello, come espressamente richiesto da Poletti – sono offerti senza commento, tuttavia in calce al volume il lettore troverà un Glossario ragionato che permette di accedere al significato dei versi, anche mediante richiami intertestuali. Un indice dei nomi e un incipitario rappresentano due bussole ulteriori per muoversi all’interno del volumetto. Naturalmente il lettore che abbia bisogno di approfondire deve consultare sia l’edizione curata da Zaccarello (Torino, Einaudi, 2004) sia quella per le cure di Antonio Lanza (Roma, Aracne, 2010).

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5) In quali termini Burchiello può essere considerato uno sperimentatore del linguaggio rispetto ai suoi contemporanei e rispetto ad oggi?
Come si è detto in precedenza, il Burchiello scrisse sonetti di vario genere: i più noti sono quelli “alla burchia”, ossia ‘alla rinfusa’. È in questi testi che si avverte maggiormente la sperimentazione linguistica. Per disorientare i lettori, i lemmi sono talvolta utilizzati con accezioni plurime, le metafore possono essere estremamente audaci. La sperimentazione passa anche attraverso accostamenti linguistici apparentemente imprevedibili. E i versi sono oscuri anche a causa di richiami a vicende dell’epoca oggi a noi ignote.
Nel panorama novecentesco la sperimentazione linguistica è di altro tipo: nell’introduzione si parla anche di questo. Direi che alcune delle modalità impiegate dal Burchiello si possono rinvenire negli scritti di un autore che proprio al Burchiello sembra essersi ispirato, Alessandro Bergonzoni.

6) Quali precursori ha avuto la scrittura di Burchiello e quanto ha inciso sul canone?
Il Burchiello non ha inventato la poesia “alla burchia”. Prima di lui, abbiamo testimonianze di Andrea di Cione detto l’Orcagna (il pittore, per intenderci) e di Franco Sacchetti. Certo è che grazie al Burchiello si deve il consolidamento e il rilancio di quel genere di scrittura. Anche per quanto riguarda i sonetti comico-realistici, il Burchiello era stato preceduto da altri rimatori della tradizione, in particolare toscana, che egli recupera e talvolta rivisita.

L’impatto del Burchiello sul canone è stato considerevole: diciamo che è stato a lungo considerato tra i più importanti rappresentanti della poesia comica. Basti pensare a un dato: quando nella seconda metà del Quattrocento vengono stampati i primi autori in volgare, in ordine troviamo Petrarca (1470), Boccaccio (1470, 1471, 1472), Dante (1472) e il Burchiello (1472).

7) Le finalità della poesia burchiellesca sono configurabili solo nel gioco o possono considerarsi anche aspetti, per così dire, sociali?
Alcuni dei sonetti “alla burchia” contengono allusioni e frecciate a eventi e personaggi storici. La veste comica e giullaresca, confusa e incomprensibile, aiuta a esprimere il pensiero, a dire una verità, tuttavia ‒ lo ripeto‒ è necessaria molta cautela nell’interpretazione di questi testi, perché spesso volutamente criptici.

8) Domanda probabilmente oziosa: a cosa si può ricondurre la scelta della forma sonetto nell’opera burchiellesca? Voglio dire, per contenuti e stile avrebbe potuto adottare il madrigale o la frottola.
Il sonetto caudato (ossia con una coda, un settenario e due endecasillabi, o con più di una) apparteneva alla tradizione comica, era sotto molti aspetti una scelta obbligata. Al Burchiello è attribuita anche una canzone, ma molto probabilmente è un componimento di paternità incerta. Madrigale e frottola erano forme metriche destinate ad affrontare altri argomenti.

E poi, per colpire o freddare il lettore, che cosa poteva esserci di meglio del veleno nella coda?

 

Desideriamo ringraziare il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi Roma Tre per il sostegno alla presente pubblicazione

Giuseppe CrimiGiuseppe Crimi insegna Letteratura italiana all’Università degli Studi Roma Tre. Di recente ha procurato l’edizione del Ragionamento de le Corti e del Dialogo del giuoco di Pietro Aretino (2013); è curatore, con Luca Marcozzi, di Dante e il mondo animale (2013) e, con Franco Pignatti, de Il proverbio nella letteratura italiana dal XV al XVII secolo (2014).

Commenti

4 risposte a “30 sonetti del Burchiello < = > a cura di Giuseppe Crimi”

  1. […] 30 sonetti del Burchiello < = > a cura di Giuseppe Crimi […]

  2. Avatar Roberto Pinzani detto manunta

    crimi tutto dell albero mettesti
    manco’ solo l origine ,il pleroma
    senza di quello come crederesti
    che possa svilupparsi poi la chioma?
    su ‘ i burchia morto bene tu’ rimesti
    da razza fatta di gente mai doma
    venne i barbiere che rimo’ da grande
    senza pleroma quercia non fa’ ghiande

  3. Avatar Roberto Pinzani detto manunta

    e se ti garba come in nostre lande
    gente ragiona e rima sull attuale
    vacci sor beppe su i sito ereticale
    che li a senesi cavo le mutande
    li gnudo e li rivesto come quande
    nico di vanni li cerco’ magione
    a gente vana che ha persa la ragione
    gni metto in rima secondo tradizione
    le scene che i boncitti scervellati
    da logge di masson manipolati
    mettono in atto li su’ quelle lastre
    dove qualcun cade dalle finestre
    dopo d essere stato aggrovigliato
    di’ li’lesto viene precipitato
    popolo equestre
    lo svago della gente di sienina
    e’ svago bono per bestia vaccina.

    o roba attuale , ottava ,terzine , a seconda di’ tema e di’ momento
    roba da facchino smesso.
    roba da arnaioli.

  4. Avatar Giovanni Antonio Dissegna
    Giovanni Antonio Dissegna

    È uno tra i grandi poeti importanti italiani, a torto trascurato!!! Non si trovano pubblicate le sue poesie. Riterrei opportuno riprenderlo in considerazione.

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